Non si divide la povertà si divide la ricchezza - QdS

Non si divide la povertà si divide la ricchezza

Carlo Alberto Tregua

Non si divide la povertà si divide la ricchezza

giovedì 23 Luglio 2015

Tagliare i privilegi, riorganizzare la Pubblica amministrazione

La politica statalista che ha rovinato l’Italia si è fondata sulla spesa pubblica corrente che ha impoverito tutti gli italiani.
Secondo l’Istat, vi sono 4,5 milioni di cittadini assolutamente poveri. Secondo Eurostat, invece, vi sono altri 6 milioni di poveri, per un totale di 10 milioni, cittadini cioè che hanno un reddito inferiore a 9.800 euro l’anno.
è vero che tale statistica non tiene conto dell’evasione fiscale e contributiva che supera i 100 miliardi. Se ne tenesse conto, probabilmente emergerebbero alcuni milioni di italiani statisticamente poveri ma sostanzialmente ricchi, perché dovrebbero dichiarare redditi superiori al limite indicato di 9.800 euro all’anno.
Continuando a superpagare i pensionati, dando loro molto di più rispetto ai contributi versati, continuando a mantenere un esercito di dipendenti pubblici di 3,3 milioni di unità, di dipendenti delle partecipate pubbliche per circa un milione, continuando a mantenere in vita oltre 10 mila partecipate locali che producono perdite per 20 miliardi, continuando ad assegnare appalti in regime di emergenza, cioè senza gare e senza controlli, è chiaro che la spesa pubblica corrente (cattiva) sia aumentata a dismisura, col risultato dell’esplosione del debito pubblico approdato alla stratosferica cifra di 2.218,3 mld (maggio 2015).   

La sinistra radicale italiana, anziché comprendere che la spesa corrente (cattiva) va tagliata, insiste per ampliarla, sostenendo che bisogna aiutare i cittadini senza reddito.
Sostengono un comportamento sbagliato perché in qualunque Comunità non si divide la povertà, ma si divide la ricchezza. Per dividere la ricchezza bisogna produrla. Per produrre ricchezza occorre un sistema economico efficiente che utilizzi quell’immenso patrimonio di 5 milioni di micro, piccoli e medi imprenditori, che li scarichi di adempimenti e di imposte insostenibili, in modo che crescano e assumano dipendenti.
Le riforme che intende fare Matteo Renzi dovrebbero andare in questa direzione, mentre spesso vengono annacquate come lo è stata quella della scuola, ove docenti incompetenti volevano impedire che li si valutasse, ignorando che gli esami non finiscono mai.
 

Per produrre ricchezza un Paese come il nostro ha bisogno di tagliare i privilegi e di riorganizzare la pubblica amministrazione centrale, regionale e locale con criteri di efficienza, di merito, assegnando le opportune responsabilità ai dirigenti, i quali vanno premiati o cacciati esclusivamente in base ai risultati che sono capaci di raggiungere.
Ecco perché vanno modificati i contratti nazionali di lavoro del pubblico impiego e quelli della pubblica dirigenza, semplificandoli e inserendo appunto quei valori mancanti: merito e responsabilità.
Deve finire il tempo in cui ogni dirigente o dipendente pubblico percepisce il proprio emolumento indipendentemente da quello che fa, bene o male, o da quello che non fa. Poi, bisogna tagliare gli innumerevoli privilegi di quelle categorie che in questi decenni se li sono fatti approvare da una classe politica debole, connivente ed egoista.
Privilegi in ogni campo, soprattutto concentrati sugli acquisti di beni e servizi da parte degli enti pubblici, spesso pagati a fornitori compiacenti a prezzi molto più elevati di quelli di mercato.  

La questione è tutta qui: come fare a produrre ricchezza, non a produrre povertà. Occorrono decisioni politiche rapide e funzionali che intervengano in tutti i comparti economici, sollevando le imprese dalla miriade di adempimenti, scaricandole di pesi fiscali e contributivi enormi e creando le condizioni di un mercato che funzioni, ove i migliori competitori possano prevalere.
Perché ciò accada è indispensabile una forte lotta alla corruzione, perché essa è l’elemento che deteriora i rapporti, falsandoli, e che impedisce la concorrenza facendo prevalere soggetti mal nati su quelli corretti che operano secondo le leggi.
Da noi non c’è la questione della redistribuzione della ricchezza che avviene mediante il sistema fiscale e l’articolo 53 della Costituzione anche se vi sono distorsioni e forti diseguaglianze fra le classi sociali.
Da noi il problema è far aumentare il Pil di almeno il 2% l’anno per 10 anni di fila. Solo così la disoccupazione scende alla soglia fisiologica del 5 per cento.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017