Dalle due cifre che precedono, si capisce come vi siano ampi margini per tagliare la spesa pubblica corrente senza diminuire i servizi alle fasce più bisognose della popolazione. La spesa pubblica va tagliata nei versanti di coloro che da privilegiati ne assorbono una parte non dovuta.
Il presidente della Regione, in questi 32 mesi di legislatura, ha dimostrato totale incapacità nel far funzionare la macchina burocratica, assistendo passivamente al retrocedere del Pil e all’aumentare della disoccupazione, soprattutto quella giovanile.
Qualcuno si chiede cosa avrebbe dovuto fare: vi sono due risposte lapidarie.
Per prima cosa, avrebbe dovuto adottare l’organizzazione della macchina burocratica della Regione Lombardia, che costa a quei cittadini 2.239 euro pro capite contro i 4.042 in capo a ogni siciliano.
La seconda si riferisce alla Sanità toscana, che è contestualmente una delle migliori d’Italia e quella che costa meno per cittadino. è inutile cercare quello che non c’è, quando quello che c’è è sufficiente a risolvere i problemi.
Copiare i due modelli, ripetiamo della Regione Lombardia e della Regione Toscana, significherebbe rivoluzionare l’organizzazione regionale e quella sanitaria, migliorandone l’efficienza e la produttività e tagliando drasticamente i suoi costi.
L’Fmi (Fondo monetario internazionale) nel suo Rapporto sullo stato dell’Eurozona, ha rivolto all’Italia cinque raccomandazioni. Riportiamo la prima che riguarda la materia trattata: adozione e realizzazione della riforma dell’Amministrazione pubblica.
Tutti sanno che la burocrazia può essere lo strumento per accelerare i processi economici, oppure per bloccarli in tutto o in parte. In Sicilia si è verificata questa seconda circostanza. Il cancro che sta erodendo economia e occupazione siciliane è proprio dentro la burocrazia regionale e comunale.
La Sanità è costata in Sicilia, nel 2014, 600 milioni in più dell’anno precedente, come certificato dalla Corte dei Conti, nonostante gli sforzi di Lucia Borsellino e di Massimo Russo, ultimi due assessori. Non per questo la qualità dei servizi è migliorata, anzi è peggiorata.
Fino a quando il comparto, che costa oltre 9 miliardi l’anno ai siciliani, sarà gestito con metodo clientelare, facendo prevalere il favoritismo piuttosto che l’efficienza, la situazione non potrà migliorare.
Ci chiediamo perché Crocetta non abbia pensato di utilizzare i due citati modelli della Regione Lombardia e della Sanità Toscana. Forse perché la sua mente non è andata al di là dello Stretto, forse perché preso dai suoi problemi personali, forse perché non ha la capacità di vedere oltre il suo naso. Tutte supposizioni che derivano dalla sua incapacità di frenare la caduta della Sicilia.
E poi non ha mai detto una parola né ha espresso uno straccio di progetto per fermare la caduta del Pil in Sicilia e farne cominciare la risalita. Né una parola o straccio di progetto per fermare l’aumento della disoccupazione e incentivare, invece, nuova occupazione.
Delle due, l’una: o se ne infischia altamente dei siciliani, oppure, più semplicemente, non sa cosa fare. In ambedue i casi il suo percorso deve cessare perché ogni giorno che passa peggiora la situazione generale.