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Acqua pubblica servizio privato

Carlo Alberto Tregua

Acqua pubblica servizio privato

mercoledì 12 Agosto 2015

Basta malagestione e inefficienza

Il referendum del 12-13 giugno 2011 pose quattro quesiti, il secondo dei quali riguardò la “determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito”.
Solo il 54,82 per cento degli aventi diritto al voto parteciparono all’evento, determinando il raggiungimento del quorum costitutivo. Di essi, il 57,05 per cento confermò l’abrogazione. Ergo, solo il 31,27 per cento, meno di un terzo degli italiani, escluse la remunerabilità del servizio idrico.
Allora il referendum più che sull’acqua fu su Berlusconi. Quindi molti votarono per sentito dire o per ideologia, più che avendo cognizione di causa in materia.
Il governo Berlusconi, col dl 138/11, ripristinò il servizio idrico integrato, ma la Corte costituzionale, con sentenza del 20 luglio 2012, dichiarò incostituzionale tale decreto perché violava il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare.

Dal quadro che precede si capisce come la volontà di meno di un terzo degli italiani impatti negativamente sulla necessità inderogabile di dare efficienza ai servizi pubblici, la cui cattiva conduzione, che produce gravi perdite ogni anno, è una delle principali cause dell’attuale crisi che il Paese sta attraversando.
Come fare per ovviarvi? Ricordiamo che con altro referendum del 18 aprile 1993 fu abrogato il ministero dell’Agricoltura, ma con successiva legge n.491/93 esso rinacque con la denominazione di ministero delle Risorse agricole. In quell’occasione, la Corte costituzionale non ebbe nulla su cui recriminare.
Oggi il governo ha attivato leggi che vogliono promuovere concorrenza e produttività. La conseguente mannaia cadrà sulle diecimila partecipate pubbliche (secondo Carlo Cottarelli, ex commissario alla revisione della spesa) che continuano a macinare perdite per decine di miliardi e i cui servizi sono pessimi. Ovviamente, vi sono partecipate pubbliche che producono utili e vanno salvate.
Vi sono direttive e regolamenti europei sulla concorrenza, che impediscono la gestione di servizi pubblici senza remunerazione. Come tutti sanno, le leggi italiane sono subordinate a quelle europee.
 

Per questa ragione il governo, nell’approvare la legge sulla concorrenza, può ripristinare una norma sul servizio idrico integrato, gestita da società di controllo pubblico al 51 per cento e affidato ai privati con il 49 per cento, messo sul mercato con regolari bandi di evidenza pubblica, anche europea.
Essendo la matrice della norma nazionale proveniente da quella europea, la Corte costituzionale non avrebbe alcunché da obiettare, anche tenuto conto del risultato del referendum sul ministero dell’Agricoltura, di cui prima abbiamo scritto.
Inutile girarci intorno: la questione è lampante. L’acqua è gratuita per tutti i cittadini, ma se essi volessero utilizzarla direttamente, dovrebbero andarsela a prendere alla fonte, anche facendo le necessarie trivellazioni, per arrivare alle falde acquifere.
Il servizio dalla falda al rubinetto, invece, dev’essere pagato e chi lo gestisce dev’essere remunerato.
Chi sa gestire un servizio pubblico? Non certo la Malabestia burocratica che ha affossato l’economia italiana. 
L’altro ieri l’Assemblea regionale ha approvato una legge sull’acqua piuttosto ballerina rispetto alla direzione appena indicata e che rischia di produrre il mantenimento dell’attuale dissesto delle reti, che fanno perdere dalle loro vetuste condutture circa la metà del prezioso liquido, con gravi contraccolpi per agricoltura, industrie e imprese, nonché per i cittadini che in molti comuni siciliani ricevono l’acqua due volte a settimana, come se si trovassero nel Burundi. Una vergogna che questa legge forse manterrà inalterata.
Perché i consiglieri-deputati non hanno voluto aprire gli occhi sul futuro? Forse perché sono stati miopi, forse perché hanno continuato nei loro esasperati clientelismo e favoritismo, dimenticando del tutto l’interesse generale dei siciliani.
L’assessore regionale ai Servizi di pubblica utilità, Vania Contrafatto, ha spiegato che è stato raggiunto l’obiettivo di assicurare un servizio efficiente ed economicamente equilibrato ai siciliani. Aspettiamo con molta perplessità la prova alla teoria legislativa.

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