Investimenti nel turismo, scarso ritorno - QdS

Investimenti nel turismo, scarso ritorno

Michele Giuliano

Investimenti nel turismo, scarso ritorno

martedì 18 Agosto 2015

Deciso un coordinamento tra assessorati regionali al Turismo e Beni culturali: incentivi per i percorsi religiosi. Dal 2000 al 2013 spesi 1,6 miliardi di euro ma la presenze sono calate: stop ai contributi a pioggia

Troppi i soldi spesi dall’ingresso del Terzo millennio nel settore turistico in Sicilia. Pochi, anzi pochissimi, i risultati tangibili dal punto di vista economico.
Quindi, maggiore coordinamento e ricerca di strategie di destagionalizzazione e valorizzazione dei beni culturali e ambientali, in accordo tra le diverse istituzioni per ottimizzare i risultati. Un freno, quindi, ai contributi a pioggia per le piccole sagre paesane, che portano a scarsi risultati di attrattività turistica, o le iniziative scoordinate con il resto delle attività culturali, musicali, ricreative previste sul territorio, per cui manca una buona capacità di comunicazione. Ancora una volta, lavoro e soldi spesi senza riuscire a richiamare turisti sia nella regione e ancor di più nel resto d’Italia o all’estero. In questa ottica è stato stabilito dai due assessori regionali Cleo Li Calzi e Antonio Purpura, alla guida rispettivamente degli Assessorati del Turismo il primo e di quello ai Beni culturali il secondo, di lavorare in sinergia per raggiungere finalmente risultati tangibili.
A tale scopo, i due assessori hanno stabilito tavoli comuni il cui scopo è armonizzare le politiche promozionali e strutturarle in funzione di ricadute positive sul territorio isolano. “Il ciclo di programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali – ha spiegato Purpura – deve avere come obiettivo fondamentale quello di attuare la transizione del sistema dei beni culturali regionali verso la fase della piena valorizzazione economica, soprattutto attraverso un intelligente sistema di fruizione turistica”.
Dal 2000 al 2013 gli investimenti sono stati più che abbondanti, pari a oltre 1,6 miliardi di euro, che sono stati spesi per il ripristino di beni in disuso o in cattive condizioni, ma oggi, grazie a questi contributri, aggiunge Purpura, “la Sicilia dispone di un vasto patrimonio di beni culturali accessibile alla fruizione turistica: senza questi investimenti non avremmo certamente potuto ‘incassare’, dal 2000 ad oggi, ben 7 inserimenti nella World Heritage List dell’Unesco, e non avremmo una lista di altri monumenti Unesco candidabili”.
Nuovo obiettivo, quindi, integrare il sistema dei beni culturali e ambientali verso nuove forme di interazione con le imprese turistiche e l’associazionismo, per ottimizzarne lo sfruttamento a fini economici, senza snaturarne la natura né la bellezza. In questa ottica, un filone da sfruttare ancora inutilizzato per i nostri lidi ma già ampiamente valorizzato nel resto d’Italia e all’estero è il turismo religioso, a cui i due assessori aspirano ad abbinare percorsi naturalistici o culturali. La visita di una cattedrale o di un convento, quindi, da abbinare magari ad una settimana di mare. “Quello naturalistico-religioso – ha dichiarato l’assessore regionale al Turismo, Cleo Li Calzi – è uno dei segmenti turistici sui quali stiamo puntando per ampliare, innovare e diversificare l’offerta sui mercati internazionali, prolungare il tempo medio di permanenza sul territorio del turista, valorizzando la specificità ed il grande patrimonio di fede, natura e tradizione della Sicilia”.

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