L’ospedale che non ci voleva. Uno scandalo alla siciliana - QdS

L’ospedale che non ci voleva. Uno scandalo alla siciliana

Giuseppe Riccardo Spampinato

L’ospedale che non ci voleva. Uno scandalo alla siciliana

giovedì 20 Agosto 2015

L’incredibile vicenda del San Marco, uno spreco che dura dalla metà degli anni Ottanta

Ospedale San Marco, “l’ospedale che non ci voleva”.
Nel febbraio 1986 presi servizio come medico presso l’ospedale Vittorio Emanuele e dopo pochi mesi dal l’aver raggiunto il tanto agognato “posto sicuro “ un collega mi disse che da lì a qualche anno ci avrebbero trasferiti in un nuovo ospedale edificato a Librino, il San Marco, come si chiamava un tempo il Vittorio Emanuele, per rilanciare e qualificare quella zona periferica della città. “Sarà la casa degli ospedalieri, sarà il nuovo centro per l’alta specialità, un grande progetto chiamato Prometeo”, dissero.
Rimasi basito, ma come: ancora devo conoscere i luoghi di questo ospedale e già si parla di andar via? Ma in cuor mio sentivo che non sarebbe stato così presto: ero giovane sì, ma avevo già capito che in Sicilia le cose che si dicono di fare subito si realizzano dopo tanti anni.
Passarono gli anni e un giorno andando in direzione generale vidi un plastico tutto in legno molto ben fatto. Chiesi cosa fosse. Mi rispose con orgogliosa certezza un dirigente amministrativo: “Il nuovo ospedale San Marco”. “ Meraviglia! Ma quando lo fanno?”, chiesi. “A breve”, mi rispose con certezza. “Sarà il polo di eccellenza della sanità catanese”.
Bene da quel tempo ad oggi cosa è successo? Il progetto Prometeo è naufragato!
Nel 2008 si dichiara ufficialmente che in 38 mesi l’ospedale sarà pronto e sarà previsto un polo di eccellenza ortopedico annesso. Si crea una Fondazione ad hoc, con presidente e consiglieri ovviamente pagati, vengono previsti 1229 posti letto, di lì a poco, pardon 1165.
Ma improvvisamente i poli di eccellenza in Sicilia vengono cancellati i posti letto ridimensionati, diciamo a 800. Forse. Le Fondazioni sciolte, ma a cosa sono servite? E a chi?
Nel frattempo in Sicilia accorpiamo le aziende ospedaliere e anche il Vittorio Emanuele con il Policlinico, ma allora che fine fa il San Marco?
Al Policlinico si costruisce a ritmo serrato e poi si dovrà riempire di qualcosa e qualcuno? Facciamo due conti e così altro taglio di posti letto al San Marco, diciamo 540 …. No, meglio 460, così ad occhio.
Ma allora si risparmia sui costi? No, quando mai, si pagano le penali alle aziende costruttrici per mancato guadagno, si pagano ingegneri e nuove ditte per le varianti di progetto: una voragine di circa 13 milioni di euro solo per questo.
Totale del costo di questo ospedale: circa 245 milioni di euro. E ora l’ennesimo rinvio della consegna, previsto per il 30 giugno. Ma questo è meglio così per l’assessorato. Perché la domanda sorge spontanea: “Chi dovrebbe andare al San Marco? E di chi è il San Marco? Chi gestirà questo faraonico spreco? Dopo aver asfissiato i reparti ospedalieri del Vittorio cosa è rimasto di ciò che doveva essere trasferito? Forse quel tanto quanto basta a rendere il Policlinico un ospedale vero! Con un pronto soccorso, un’area di emergenza, una rianimazione adeguata, unità operative che garantiscano una risposta sanitaria di medio-alta complessità.
I fondi per fare le piante organiche del San Marco non ci sono, le faranno virtuali, in attesa del miracolo, che chiudano qualche ospedale di provincia o facciano un repartino a favore di qualche amico deluso, ma chi sarà quel politico illuminato o quell’assessore eroico che chiude un ospedale anche se inadeguato alle esigenze dei cittadini?
Ma come si fa a costruire un ospedale e poi non sapere come riempirlo? Come si fa a sperperare 245 milioni di euro in cemento e non avere i soldi per il personale che dovrà farlo funzionare. Come si fa a non saper cosa metterci dentr, a cosa possa essere utile un ospedale, lì a Librino?
Ancora una volta traditi i cittadini che attendevano il rilancio della zona, il polo di eccellenza, la sanità del XXI secolo.
Come si fa a restare impuniti di fronte a questi misfatti? Politici, assessori, direttori generali, ditte costruttrici, direttori dei lavori, beneficiari degli espropri: tutti ne hanno tratto benefici economici e di immagine. Quanti annunci trionfalistici, pose della prima pietra con banda al seguito, promesse di posti di lavoro, proclami di efficenza sanitaria, nastri da tagliare, voti da raccattare.
Nessuno ha pagato per gli errori commessi di programmazione, realizzazione, finanziamento, gestione dei soldi pubblici, ritardi nella consegna dell’opera di oltre tre anni.
Paga solo il cittadino, che si vede negato il diritto alla tutela della salute, che vede chiudere servizi, che deve emigrare se ha patologie che non trovano risposte adeguate nei nostri ospedali.
Pagano anche i medici, sempre al centro della solita menzogna colpevoli di essere troppi, responsabili della “malasanità”. Noi, medici e cittadini, doppiamente beffati; noi, medici che andiamo al lavoro non certo per danneggiare i nostri pazienti  – ma possiamo sbagliare nel programmare un intervento, nel ritardarlo, nel realizzare un percorso terapeutico -.Ma noi paghiamo e subito, sbattuti in prima pagina, sospesi dal servizio, licenziati, condannati a risarcire con il nostro patrimonio il danno provocato, se non addirittura condannati anche penalmente, comunque distrutti moralmente e professionalmente. Non possiamo reciclarci.
Loro sì. Gli artefici della mancata programmazione dei ritardi della realizzazione, dello spreco da 250 milioni di euro, sono tutti ancora al loro posto, possono essere in pensione, avere cambiato mestiere, promossi ad altro incarico, eletti in qualche Parlamento o Consiglio di amministrazion. Loro non hanno dovuto pagare di tasca per risarcire il danno procurato a tutti i cittadini.
Facciamo due conti: se un medico procura per colpa un danno biologico pari al 90% di invalidità ad un giovane di 25 anni, paga mediamente un risarcimento di 850 mila euro. Giusto. Lor signori hanno sperperato 250 milioni di euro, pari al rimborso per danno biologico di circa 35 ragazzi di 25 anni, come se li avessero resi disabili a vita.
Quel medico oltre ad aver distrutto la sua vita professionale ed economicamente la sua famiglia avrà sempre da confrontarsi con la sua coscienza per il danno procurato, lor signori a quale coscienza risponderanno?

Riccardo Spampinato
segretario regionale Cimo

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