Il lavoro si trova dietro i rovi - QdS

Il lavoro si trova dietro i rovi

Carlo Alberto Tregua

Il lavoro si trova dietro i rovi

sabato 05 Settembre 2015

Senza sacrifici niente risultati

La lamentazione strumentale di insegnanti che approdano al rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ma che si considerano deportati, perché devono andare in una sede diversa dalla propria, è stomachevole.
In un periodo di grande disoccupazione – per fortuna scesa a luglio al 12%, ma sempre superiore alla media europea che è al 10,9% – sembra incredibile che vi siano degli insegnanti, costituenti l’elite della società, non disposti a fare sacrifici.
Peraltro su un corpo di oltre 720 mila, appena 7 mila saranno deportati. Ma essi si inseriscono in un percorso stabile e duraturo nel tempo sino all’età della pensione, nel corso del quale potranno chiedere i trasferimenti man mano che si liberano le cattedre.
Vogliamo ricordare che la denominazione del lavoro di insegnante è la cattedra (seggio sovraelevato su cui siede chi insegna nelle pubbliche scuole e nelle università). Quindi un pulpito. Chi sale sul pulpito non ha potere ma grande responsabilità, soprattutto nei confronti delle future generazioni di cui gli alunni sono parte principale.  

Bisogna ricordarsi che le future generazioni sono composte anche da immigrati nati in Italia o che risiedono nel nostro Paese da moltissimo tempo e magari hanno acquisito la nazionalità italiana.
Dunque, grande, immensa responsabilità degli insegnanti. Quando continuano a lamentarsi perché non vorrebbero andare in un altro posto di lavoro, danno un pessimo esempio, soprattutto ai giovani, dell’incapacità di fare i sacrifici necessari per conquistarsi un lavoro e mantenerlo con onore e dignità, in modo da produrre risultati positivi.
Un lavoro che non produca risultati è a perdere, inutile, si trasforma in una rendita di posizione di soggetti asociali, che non hanno capito come il benessere della Comunità debba essere posto al di sopra di ogni interesse personale.
Anche la questione degli immigrati è un vulnus della nostra Comunità nazionale. Non perché non si debbano accogliere, anche salvandoli in mare aperto, ma perché non si applica la legge che impone la loro identificazione in 30 giorni per valutare in via definitiva se l’istante è meritevole di accoglimento o va rimpatriato.
 

Il lavoro si trova dietro i rovi. è una metafora che indica come sia necessario essere pronti mentalmente e fisicamente a fare ogni sacrificio possibile non solo per trovarlo presso terzi, ma anche per costruirne uno in proprio. La fortuna del nostro Paese è di avere 5 milioni di partite Iva, cioè di persone che hanno deciso di affrontare i rischi per essere autonomi e non dipendere da nessuno.
Più meritevoli sono proprio quei dipendenti che fanno il salto passando da una posizione cautelata ad una piena di rischi e lo sono anche quegli altri che, rimanendo nel posto di lavoro, continuano ad operare con abnegazione, facendo sacrifici e curando la propria azienda o propria istituzione con amore.
In altri termini, il lavoro non è solo un diritto, ma soprattuto un dovere. Per poterlo esercitare è necessario che ognuno si prepari a fondo e bene. Questo valore va inculcato ai giovani fin dalla prima elementare. Hanno un ruolo fondamentale non solo gli insegnanti, come prima si scriveva, ma anche i genitori e, perché no, i nonni.

Bisogna dire con chiarezza e senza tentennamenti: senza sacrifici niente risultati. Alla fine di ogni percorso lavorativo è solo il risultato che misura la capacità e la moralità di chi ha lavorato. è inutile girarci intorno, i fannulloni vanno emarginati, chi non è disposto a lavorare di notte o nei giorni festivi, come fanno ferrovieri, personale sanitario, Forze dell’ordine e, nelle imprese, chi lavora nei turni di sabato e di domenica, non può accreditarsi della denominazione fondamentale di cittadino, che non è colui che abita in una città ma chi appartiene ad uno Stato ed è soggetto a particolari doveri, oltre che godere di determinati diritti.
L’Italia è stata bloccata con la cosiddetta rivoluzione del ‘68, quando furono tagliati i valori di Merito e Responsabilità. Su questa scia i sindacati conservatori hanno fatto firmare contratti che hanno livellato le mansioni, anche qui tagliando Merito e Responsabilità.
Ora la svolta: sacrifici per lavorare e raggiungere i risultati.

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