Assemblee e Consigli fuori gli orari di lavoro - QdS

Assemblee e Consigli fuori gli orari di lavoro

Carlo Alberto Tregua

Assemblee e Consigli fuori gli orari di lavoro

giovedì 24 Settembre 2015

Volontariato per Comuni e sindacati

La vicenda del Colosseo, la cui apertura è stata rinviata da un’assemblea sindacale dalle 8,30 alle 11,30 di venerdì scorso, lasciando fuori dai cancelli migliaia di turisti, induce a riflettere il principio costituzionale della libertà, che prevede la sua limitazione quando invade la sfera della libertà altrui.
Nel bilanciamento tra la libertà di tutti e quella di pochi è evidente che debba prevalere la prima sulla seconda. Il governo, con un’insolita rapidità, ha immediatamente approvato il Dl 146/15, pubblicato sulla Guri n.219/2015 del 21 settembre, trasferendo l’attività dei lavoratori dei Beni culturali al contenitore dei servizi pubblici essenziali (trasporti, sanità, sicurezza eccetera). Cosicché, d’ora in avanti, per attività di questo tipo bisognerà seguire la normativa regolata dall’apposita Autorità.
La questione introduce un più importante argomento: se le riunioni di assemblee sindacali si possano tenere all’interno dell’orario di lavoro o, trattandosi di attività private, non debbano rientrare nella sfera di interesse che non sono di carattere generale.

L’articolo 39 della Costituzione recita: l’organizzazione sindacale è libera, ma impone l’obbligo della loro registrazione presso gli uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. E ancora: è condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica, per cui assumono personalità giuridica.
Occorreva una legge a riguardo che non è mai stata fatta, per cui nel settore c’è il libero arbitrio, unicamente regolato dai contratti collettivi di lavoro.
Da quanto precede si evince con chiarezza che, in atto, i sindacati sono associazioni private che non perseguono l’interesse generale, bensì l’interesse privato dei loro associati, come peraltro accade nelle organizzazioni imprenditoriali, nelle associazioni professionali e ambientaliste e così via.
Ecco perché far ricadere sulla collettività, nel caso del pubblico impiego, o sulle imprese, nel caso di lavoro privato, quelle attività che interessano gli iscritti, è illegittimo. Esse non dovrebbero gravare sui datori di lavoro, pubblici e privati. Ne consegue che le assemblee dovrebbero essere tenute fuori dagli orari di lavoro.
 

La questione che poniamo all’attenzione dei lettori riguarda anche i Consigli comunali. Tutti affermano continuamente che la politica è un servizio, anche se poi aggiungono che essa ha un costo a carico della collettività. Ma se è un servizio non dev’essere remunerata. Per conseguenza, negli oltre ottomila Comuni italiani le riunioni dei Consigli dovrebbero essere tenute fuori dall’orario di lavoro dei propri componenti.
Non essendo obbligatorio fare il consigliere comunale e non costituendo un posto di lavoro ma un servizio, chi volesse rappresentare i cittadini nei relativi consessi dovrebbe mettere in conto il sacrificio del proprio tempo libero per servire i propri rappresentati, cioè i cittadini.
Non solo questo cambiamento di rotta sarebbe un segnale etico che ripristinerebbe il principio secondo il quale la politica è un servizio, ma farebbe risparmiare alla collettività decine di milioni di stipendi che, indebitamente, centinaia di migliaia di consiglieri comunali percepiscono.

Si aggiunga: venendo meno la retribuzione del mestiere di consigliere comunale, esso perderebbe fortemente appeal, con la conseguenza  che solo i migliori cittadini, di qualunque ceto sociale, aspirerebbero a questo incarico, non essendovi alcuna contropartita economica.
Si aggiunga ancora che l’eliminazione della retribuzione dei consiglieri comunali porterebbe al taglio di uno sconcio che vi spieghiamo.
I consiglieri comunali, dipendenti pubblici o privati, costano ai loro enti notevoli cifre, perché questi sono obbligati per legge a rimborsare ai datori di lavoro, pubblici e privati, il costo del tempo sottratto al lavoro perché utilizzato nei Consigli comunali. Questo meccanismo ha prodotto distorsioni, perché vi sono tanti consiglieri che si sono fatti assumere fittiziamente, in modo da consentire i rimborsi cui prima si accennava.
Da qualunque parte si giri la questione  non è limpida e non è etica, ma non ci illudiamo che i partiti autoreferenziali, a protezione degli interessi privati dei propri iscritti, abbiano la forza morale di approvare una legge per sindacati e Comuni che tuteli l’interesse generale: la rappresentanza è gratuita!

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