Caporalato: la repressione si fa più incisiva - QdS

Caporalato: la repressione si fa più incisiva

Michele Giuliano

Caporalato: la repressione si fa più incisiva

giovedì 01 Ottobre 2015

Nuovo strumento di controllo frutto del protocollo tra ministero del Lavoro e Aci per accedere al Pra. Fenomeno dirompente e devastante. Rapporto #FilieraSporca: a Catania il 40% è in nero

PALERMO – Da oggi gli ispettori del lavoro dispongono di uno strumento in più per contrastare il caporalato e svolgere attività di vigilanza su specifici settori produttivi.
Il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha infatti sottoscritto un protocollo con l’Automobile Club d’Italia che consentirà agli ispettori del lavoro di accedere con immediatezza alle informazioni contenute nel Pubblico Registro Automobilistico.
Gli ispettori del lavoro potranno così verificare, in tempo reale, la titolarità degli autoveicoli e confrontare queste informazioni con altre raccolte durante le ispezioni o provenienti dalla consultazione di altre banche dati a disposizione.
La consultazione potrà risultare particolarmente utile nel caso di un’azione di vigilanza in settori quali l’agricoltura, l’edilizia, l’autotrasporto ed altri ad essi strutturalmente collegati quali, ad esempio, i servizi di logistica.
In particolare, in edilizia o in agricoltura, l’accesso al Pra risulterà particolarmente efficace in tutte le azioni di contrasto al “caporalato”, che notoriamente si realizza attraverso l’intermediazione di manodopera da trasportare e smistare nei diversi cantieri o terreni agricoli, o comunque ogniqualvolta sia necessario verificare la presenza di una determinata impresa nell’ambito di un sito produttivo.
“Il protocollo – viene sottolineato dal ministero del Lavoro – rappresenta una delle tante sinergie interistituzionali che il ministero intende promuovere e che devono interessare non soltanto le istituzioni impegnate nella lotta all’illegalità, ma ogni altro soggetto pubblico in possesso di informazioni utili ad una più efficace azione di vigilanza”.
Certamente uno strumento in più ma da verificare quanto effettivamente potrà incidere sul fenomeno del sommerso che in Sicilia dilaga sempre di più. Da considerare che soltanto nell’ambito dell’agricoltura sono all’incirca 25 mila i lavoratori irregolari impiegati nell’isola, secondo una stima della Flai Cgil.
Stiamo quindi parlando di un effetto dirompente e devastante che deve essere aggredito in modo capillare e sicuramente più incisivo rispetto a quanto fatto sino ad oggi.
Per quanto riguarda sempre la Sicilia, il rapporto “#FilieraSporca-Gli invisibili dell’arancia e lo sfruttamento in agricoltura nell’anno di Expo” ha denunciato che nella campagne catanesi, dove si raccolgono le arance che finiscono nelle nostre bibite, il 40 per cento dei lavoratori è a nero: negli agrumeti lavorano 5 mila stranieri, di cui 2 mila romeni. La media è 10 ore di lavoro e il 50 per cento del salario va al caporale.
I braccianti sono spesso minacciati e subiscono in silenzio per paura di perdere il lavoro. Devono inoltre pagare una sorta di pizzo sugli alloggi dove vivono e perfino la spesa al supermercato è controllata dai caporali. Sempre la Cgil in questi giorni ha fatto partire una campagna di informazione sui diritti dei lavoratori impegnati in agricoltura.
I sindacalisti incontrano personalmente i braccianti nei luoghi di ritrovo per informarli sulle paghe e gli orari da effettuare.
 


Allarme rosso per il sommerso in Sicilia
 
La situazione oramai da tempo è sfuggita di mano per quanto concerne il sommerso in Sicilia e più in generale in tutto il territorio nazionale. Secondo il rapporto “Terra ingiusta” dell’associazione ‘Medici per i diritti umani’, nel 2013 sono stati più di 320 mila gli immigrati, provenienti da 169 diverse nazioni, impegnati regolarmente nelle campagne italiane. Hanno svolto circa 26 milioni di giornate di lavoro pari al 23,2 per cento delle giornate dichiarate complessivamente, tra italiani e stranieri, in quell’anno. Il lavoro sommerso riguarda il 32 per cento del totale dei dipendenti del settore agricolo, di cui circa 100 mila sono sottoposti a gravi forme di sfruttamento e costretti a vivere in insediamenti malsani e fatiscenti. Da nord a sud della penisola questo sfruttamento avviene principalmente in agricoltura, senza considerare altri settore lavorativi come edilizia, ristorazione, ecc… Questo è il periodo più intenso di lavoro per l’agricoltura e proprio su questo fronte si intravede una particolare attenzione degli ispettorati. In questi giorni nel trapanese, una delle aree agricole più vocate, ci sono stati controlli nei  territori di Calatafimi, Petrosino e Mazara del Vallo. Sono stati scoperti 10 lavoratori in nero su 19 e contestate sanzioni per quasi 50 mila euro.

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