Giornali per trasparenza, poteri per opacità - QdS

Giornali per trasparenza, poteri per opacità

Carlo Alberto Tregua

Giornali per trasparenza, poteri per opacità

giovedì 01 Ottobre 2015

Combattere la corruzione

La corruzione è dilagata. Lo affermano la Corte dei Conti e il rapporto della Guardia di Finanza. è dilagata per la debolezza del ceto politico che consente ed alimenta privilegi di ogni genere, per l’insufficienza del ceto burocratico, per l’ingordigia della parte malata dell’imprenditoria collusa e, per ultimo, ma non ultimo, per l’incapacità della classe dirigente e dei cittadini di controllare, controllare e controllare i comportamenti di chi ha responsabilità istituzionali e burocratiche.
Per controllare, controllare e controllare è essenziale che tutte le pubbliche amministrazioni inseriscano nei siti la totalità delle informazioni relative alle loro attività affinché esse diventino trasparenti.
È proprio la trasparenza che potrebbe consentire un miglioramento della grave malattia che è appunto la corruzione. Perché venga adottata da tutti gli enti, statali, regionali e locali, occorre una legge ferrea che preveda sanzioni a carico dei funzionari e dei responsabili politici i quali continuano a nascondere le loro attività ai cittadini.

La trasparenza, ribadiamo, si ottiene pubblicando tutto sui siti. Lo ha affermato Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità anticorruzione, nel forum pubblicato il 21 aprile 2015, lo ha affermato il presidente del Senato, Pietro Grasso, lo ha affermato il comandante generale della Guardia di Finanza, Saverio Capolupo, venuto al forum del 16 settembre 2011. Lo hanno affermato il presidente della Corte dei Conti nonchè tutti i presidenti delle Corti regionali, incluso Maurizio Graffeo,  presidente della Corte dei Conti Sicilia, il cui forum è stato pubblicato il 7 agosto 2015.
Vi è un coro unanime in questa direzione e appare fortemente colpevole il comportamento di chi resiste a pubblicare i dati, ovviamente, per nascondere malefatte. Ma non è più il tempo di cincischiare. Peraltro nella riforma Madia è stato inserito il principio del Freedom of Information Act, che dovrà vedere esecuzione in uno dei prossimi decreti legislativi.
La corruzione, oltre a essere fonte di reati, crea squilibri nell’economia, perché falsa la concorrenza e nei rapporti fra funzionari, perché privilegia fannulloni e incapaci rispetto ai tantissimi bravi ed altamente professionali che, proprio per questo, non sono corruttibili.
 

Uno strumento fondamentale anticorruzione è l’informazione e, al suo interno, l’azione dei quotidiani che hanno il compito istituzionale (articolo 21 della Costituzione) di portare all’attenzione della pubblica opinione le attività economiche per evitare che esse siano pascolo riservato dei soliti privilegiati.
Ci riferiamo in particolare alla pubblicazione dei bandi di gara degli appalti, che i costruttori vorrebbero tenere nascosti e quindi intervengono con la loro lobby sul Parlamento tentando di fare cancellare tale obbligo della pubblicazione sui quotidiani.
Nel 2014 sono riusciti a fare inserire improvvidamente la cessazione di pubblicazione nell’articolo 26 del Dl 66/14, ma  spiegando a Matteo Renzi una falsità: che i costi erano a carico del bilancio pubblico. Poi, però, al primo ministro è stato spiegato che tali pubblicazioni erano a costo zero per le casse pubbliche e a carico, invece, degli stessi costruttori. Così l’infausta norma è stata cancellata, ma solo fino al 31 dicembre 2015 con la legge di conversione 89/14.

Ora i costruttori sono ritornati alla carica in occasione della riforma del codice degli appalti. Siamo convinti però che il Governo e il Parlamento – dopo l’esperienza dell’anno passato e consapevoli che la mancata pubblicazione favorisce l’opacità e quindi la corruzione – non ascolteranno il canto di quella lobby.
Altra lobby potente ha cercato di fare cancellare la pubblicazione sui quotidiani delle aste giudiziarie di immobili, terreni e simili, facendola inserire nel Dl 83/15. Anche in questo caso è stato spiegato a Governo e Parlamento che il tentativo di opacizzare le aste giudiziarie, per favorire indirettamente chi vi specula sopra, è abortito perché la legge di conversione 132/15, ha ripristinato il principio che è il giudice a decidere la pubblicazione sui quotidiani delle aste giudiziarie e non certamente le banche.
C’è una lotta continua tra chi difende l’opacità e chi chiede trasparenza. L’opinione pubblica capisce perfettamente l’interesse di chi sostiene la prima contro l’interesse generale di chi la vuole lottare, sostenendo la seconda.

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