Corte suprema: sì all'uso di dati acquisiti all'estero - QdS

Corte suprema: sì all’uso di dati acquisiti all’estero

Michela Forastieri

Corte suprema: sì all’uso di dati acquisiti all’estero

venerdì 02 Ottobre 2015

La sentenza 17183/2015 della Cassazione ha dato via libera all’accertamento fiscale. L’Amministrazione finanziaria può avvalersi di qualsiasi indizio

Coerentemente con quanto aveva già affermato con riguardo ad un caso analogo (Lista Falciani), la Corte di Cassazione, con sentenza n. 17183 del 26 agosto 2015, ha ammesso l’utilizzabilità da parte del fisco italiano dei dati acquisiti all’estero, in modo non conforme alle regole locali, da un funzionario dell’istituto di credito.
Questa volta il funzionario, anzichè chiamarsi Falciani, si chiama Pessina, ma la questione è identica alla precedente ed i problemi fiscali per i clienti della banca, tirati i ballo dal funzionario “ribelle”, sono anche in questo caso abbastanza seri.
I Supremi Giudici, infatti, hanno ritenuto che nell’accertamento fiscale possono avere accesso tutti gli elementi, comunque acquisiti, e, quindi, anche le presunzioni “atipiche” acquisite in forma  diversa da quella regolamentare, sempre che siano caratterizzati da requisiti di gravità, precisione e concordanza.
Elementi che, sempre ad avviso dei Giudici della Cassazione, sussistono nel caso di specie.
Secondo la Cassazione, peraltro, “L’Amministrazione finanziaria, nell’attività di contrasto e accertamento dell’evasione fiscale può, in linea di principio, avvalersi di qualsiasi elemento con valore indiziario, anche unico, con esclusione di quelli la cui inutilizzabilità discenda da una specifica disposizione della legge tributaria o dal fatto di essere stati acquisiti in violazione di diritti fondamentali di rango costituzionali. Sono perciò utilizzabili nell’accertamento e nel contenzioso con il contribuente, i dati bancari acquisiti dal dipendente di una banca residente all’estero e ottenuti dal fisco italiano mediante gli strumenti di cooperazione comunitaria, senza che assuma rilievo l’eventuale illecito e di riservatezza dei dati bancari, che non godono di copertura costituzionale e di tutela legale nei confronti del fisco medesimo. Spetta al giudice di merito, in caso di rilievo avanzati dall’amministrazione, valutare se i dati in questione siano attendibili, anche attraverso il riscontro delle contestazioni mosse dal contribuente”.
Oggi, quindi, dopo le iniziali perplessità sull’utilizzabilità di questo tipo di dati bancari, dopo le diverse pronunce della Corte di Cassazione con le ordinanze nn.8605 e 8606 del 28 aprile 2015 e la conferma avvenuta con le sentenze n. 16950 del 19 agosto 2015 e n.17183 del 26 agosto 2015,  la regolarità dell’utilizzo, da parte dell’Agenzia delle Entrate, in sede di accertamento, dei dati  bancari ottenuti tramite del Sig. Falciani e del Sig. Pessina, dovrebbe essere ormai scontata.
In pratica, i dati acquisiti irregolarmente in un Paese straniero sono utilizzabili in Italia, considerato che la circolarizzazione di questi dati nel nostro Paese risulta legittima anche secondo le norme di cooperazione comunitaria e, principalmente, non risulta violato, per l’acquisizione, nessun diritto fondamentale di rango costituzionale .
Un atteggiamento, peraltro, assolutamente in linea con quanto sarà previsto, a breve, dal protocollo di modifica della convenzione Italo-Svizzera, in attesa di ratifica.
Il consiglio Federale elvetico, infatti, allo scopo di essere escluso dalla black-list italiana, ed anche su pressione dell’OCSE,  ha deciso di assumere un atteggiamento più morbido rispetto al passato, consentendo l’accesso e l’assistenza in ambito fiscale, anche nel caso di dati trafugati e poi diffusi, come è accaduto di recente.
L’accesso potrebbe essere negato solo in ipotesi assolutamente eccezionali come nel caso di controlli motivati non da effettive esigenze di ordine fiscale, bensì da altri motivi come persecuzioni razziste, politiche o religiose.

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