Città siciliane ancora poco smart - QdS

Città siciliane ancora poco smart

Liliana Rosano

Città siciliane ancora poco smart

sabato 17 Ottobre 2015

I risultati della quarta edizione di Icity Rate 2015 nella classifica delle città intelligenti italiane. Siamo fanalino di coda per il ritardo su variabili standard e innovazione

CATANIA – Città siciliane poco smart che scivolano in fondo alla classifica che vede, ancora una volta, un Nord che corre e un Sud che soffre.
La quarta edizione di Icity Rate 2015, la classifica delle città intelligenti italiane, curate da Forum PA insieme ad Openpolis, premia Milano come città più smart d’Italia seguita da Bologna e Firenze.
Per incontrare una città del Sud bisogna arrivare alla sessantesima posizione, dove si trova Cagliari mentre Catania si piazza in classifica al 97esimo posto, dietro Palermo e Messina, rispettivamente alla posizione 85 e 93, penalizzate in molti parametri ma soprattutto ambiente, legalità e governance.
I parametri utilizzati per classificare 106 capoluoghi sono economia, qualità della vita, ambiente, capitale sociale, mobilità, governance. In questa edizione del 2015, si inserisce per la prima volta il parametro “legalità” per stabilire quanto sia smart una città.
Anche quest’anno ai tradizionali indicatori “standard” sono state affiancate una serie di variabili “smart”, più direttamente collegate alle dinamiche di innovazione tecnologica e sociale. L’impianto complessivo è così costituito da 150 variabili statistiche elementari, 84 Indici di fattore, 7 dimensioni, 14 Indici dimensionali e 1 Indice di sintesi: si tratta quindi di un lavoro di spessore, che restituisce una fotografia fedele della salute delle città italiane dal punto di vista dell’innovazione.
In dettaglio, spicca il rafforzamento al vertice di Milano (che mantiene la prima posizione e passa dai 623 punti dello scorso anno agli attuali 638). Per Milano, viene confermata la supremazia nelle dimensioni economica, living, people (dove è prima) e la buona posizione sui temi dell’ambiente (dove è 24°), della mobilità (dove il 4° posto in Italia lo ottiene anche grazie alla ciclabilità e alla propensione alla mobilità collettiva), della governance (dove è 12°).
Roma, invece, mantiene posizione sostanzialmente di vertice per le dimensioni economy (3°), people (9°), living (12°) e mobility (18°) ma perde importanti posizioni in governance (34°), environment (85°) e, soprattutto si posiziona al 97° posto per la variabile legality che la fa scendere alla 21° posizione perdendo ben 9 posti rispetto al 2014.
Spicca anche il ritorno tra le prime dieci di Trento (lo scorso anno 13esima) e l’uscita di Ravenna. La prima, premiata soprattutto nelle dimensioni ambiente e governance, mentre la seconda punita per basse performance su alcune dotazioni strutturali (servizi di connessione infrastrutturale, consumo energia, iniziative conferimento rifiuti); per la diffusione della microcriminalità e i casi di amministratori minacciati.
Rimane però, di fondo, un Sud complessivamente in ritardo sia sulle variabili standard sia su quelle legate all’innovazione.
Come scrive Bloomberg, l’ex sindaco di New York: If you can’t measure it, you can’t manage it. Se non la conosci, se non puoi misurare le dinamiche e gli effetti delle politiche di una città, non puoi governarla. E questo è ancor più vero in questi ultimi anni in cui i fenomeni sociali, economici, ambientali e culturali si sono fatti sempre più complessi, articolati e frammentati. ICity Rate – affida Gianni Dominici, Direttore Generale di FPA e curatore della ricerca – vuole essere funzione e strumento di un modo diverso di valutare i dati e le informazioni. È funzionale come strumento gratuito a disposizione di tutti coloro che operano nelle città fornendo un set unico di indicatori con completezza e trasparenza, è strumentale alla diffusione di una nuova cultura di governo delle città che metta la conoscenza al centro dei poteri decisionali”.

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