Per non avere bisogni liberarsi dai bisogni - QdS

Per non avere bisogni liberarsi dai bisogni

Carlo Alberto Tregua

Per non avere bisogni liberarsi dai bisogni

mercoledì 21 Ottobre 2015
Il bisogno indica la mancanza di qualcosa, di cui si abbia necessità. Qualcosa che ognuno deve procurarsi per raggiungere un fine determinato.
I bisogni sono di vario genere e di varia entità, ma ci sono quelli veri e quelli fasulli, quelli indispensabili e quelli dettati dal consumismo. Dipende dalla cultura di ognuno di noi capire quali sono quelli veri e quelli fasulli. Ma c’è una regola che governa il sorgere dei bisogni: averne il meno possibile.
Mio padre, quando avevo tredici anni, entrando al primo anno della scuola superiore, mi insegnò, sintetizzando, la regola: se vivi mangiando pane e cipolla, sarai sereno e non avrai la necessità di un impegno ulteriore che serve solo a procurarsi altre cose non strettamente necessarie.
È una santa verità, che pochi condividono. Per esempio, vediamo che anche i migranti portano con sé cellulari. Chiunque, anche relativamente povero, ne ha uno, con i relativi costi.

Ognuno di noi si pone l’interrogativo: come fare a liberarsi dai bisogni? La risposta è semplice: non avere bisogni, ovvero ridurli al minimo.
Quanta gente si affanna, si affatica, non solo fisicamente ma anche mentalmente, per avere più risorse, più disponibilità finanziaria, più di tutto, perché in tal modo può soddisfare bisogni vacui? Un’uggia, una noia, un tedio che arreca irrequietezza. 
Quanto sarebbe meglio se pensasse a leggere, dai presocratici a Socrate (470 a.C./469 a.C. – 399 a.C.), e più di recente a Giovanni Pico della Mirandola (1463 – 1494), a Thomas More ( 1478 – 1535), a René Descartes (1596 – 1650), a Voltaire (François-Marie Arouet 1694 – 1778), a Immanuel Kant (1724 – 1804) e via enumerando. E leggere i settantatre libri della Bibbia, i quattro Vangeli ufficiali e gli otto Vangeli apocrifi.
Insomma, leggendo quanto precede, si comincerebbe ad avere una benché minima conoscenza della Natura, dell’Universo, del rapporto fra la vita e la cessazione del corpo, e la consapevolezza della temporaneità di tutte le cose che facciamo.
Anche i grandi di tutti i tempi sono stati livellati dalla morte e, quando erano in vita, dal gabinetto.
 

Per non avere bisogni liberarsi dai bisogni. Piuttosto che addizionare nuove cose da possedere, bisognerebbe addizionare nuove cose da sapere, perché è lì la matrice dell’esistenza: il sapere. Ed è proprio attraverso lo stesso che spesso viene esercitata la prepotenza nei confronti degli ignoranti, che lo sono per propria colpevolezza, ma più spesso perché l’ambiente dove sono nati e cresciuti non ha consentito loro di illuminare la propria mente.
Ovviamente questo ragionamento non può essere recepito da chi è povero in canna, ma conosco tantissime persone, uomini e donne, che con la propria intelligenza ed il proprio intuito sono state capaci di crescere, di progredire, perché hanno capito che i saperi sono la vera ricchezza.
La distorsione che c’è nella odierna civiltà, chiamata così per modo di dire, è proprio nella disuguaglianza da un canto, ma anche nel tentativo di dire che tutte le persone sono uguali. Non è vero, perché ognuno è fatto come è fatto, ognuno ha dosi di volontà modeste o eccezionali.

Dunque, avere pochi bisogni è il primo requisito per liberarsi dai bisogni. è proprio il sacrificio di tante famiglie umili che fa uscire personaggi importanti, i quali non dimenticano mai di avere vissuto in ambienti dove c’era fame e i componenti della propria famiglia sempre dediti al sacrificio e ad accontentarsi del poco, lottando per un futuro migliore.
È giusto che, attraverso la solidarietà, si sostengano i disabili, coloro che non possono farcela da soli. Ma non è giusto dare sussidi a pioggia e incentivare a non lavorare, a non crescere, a non fare tutto il possibile ed anche l’impossibile per migliorarsi.
Gli italiani del dopoguerra, col Paese distrutto economicamente e socialmente, sono un fulgido esempio di come si fa per crescere. Gli italiani degli ultimi trent’anni – invece – sono un fulgido esempio di come si fa ad essere egoisti, saccheggiare il presente e scaricare sulle seguenti generazioni debiti ed oneri di ogni tipo.
Riflettiamo  sul modo di vivere e su come, accontentandoci di poco, possiamo fare il bene di tutti. Servire non è uno slogan, ma un modo di esistere.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017