Flessibilità vuol dire indebitamento - QdS

Flessibilità vuol dire indebitamento

Carlo Alberto Tregua

Flessibilità vuol dire indebitamento

martedì 03 Novembre 2015

Ue ha detto sì alle spese migranti

Il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, ha comunicato ufficiosamente che verrà presa in esame, con probabile esito positivo, la richiesta dei Paesi che hanno accolto e gestito i migranti di sforare i parametri di indebitamento annuale.
Matteo Renzi ha comunicato che la spesa equivalente è di 3,3 miliardi, il che significa che l’Ue potrebbe aprire i cordoni della borsa per pari importo.
Che vuol dire aprire i cordoni della borsa? Vuol dire consentire all’Italia di indebitarsi ulteriormente. Così facendo, l’enorme debito pubblico, che ha raggiunto ad agosto 2015 i 2.184,7 miliardi, aumenterà ulteriormente, caricando ancor di più le future generazioni della dissennatezza di questo e del precedente ceto politico.
D’altra parte, il Governo ha già comunicato che questo maggiore indebitamento andrà a compensare un taglio di Ires (imposta sulle imprese) di pari importo, previsto per il 2017 e anticipato al 2016.

L’operazione in sè è positiva, perché più calano le imposte sulle imprese e sul lavoro e più si incentiva la ripresa economica e occupazionale. è invece sbagliato lo strumento del maggiore indebitamento, perché al taglio delle imposte doveva corrispondere un taglio della spesa corrente (cattiva). Ma siccome questo Governo non ce la fa a tagliare la spesa clientelare, se non in misura minima per circa 5 miliardi, ha chiesto all’Ue di indebitarsi di più.
Perché il Governo non riesce a tagliare la spesa corrente? Perché non è capace di resistere alle fameliche richieste delle lobby, che intendono mantenere inalterati i privilegi attingendo alla fiscalità generale. Essa grava su cittadini e imprese asfissiandoli e non consentendo loro di investire quello che guadagnano in quanto, per sette dodicesimi, devono pagare tasse. è noto, infatti, che ogni cittadino lavora per lo Stato fino al mese di luglio, come minimo, e per sé stesso da agosto a dicembre.
Il dramma del nostro Paese è che c’è uno Stato pesante, oltre a 19 Regioni e due Province autonome (Trento e Bolzano) e più di ottomila Comuni che spendono non tanto per i servizi, quanto per mantenere apparati sovradimensionati e parzialmente inutili ai cittadini.
 

Quindi, meno Stato, meno peso sui cittadini, meno tasse conseguenti al taglio della spesa corrente (cattiva). Questo è il percorso per risollevare il Paese, non quello di indebitarsi di più, con la conseguenza di pagare più interessi sul debito pubblico, che per il 2016 si aggirano intorno ai 71 miliardi.
Da aggiungere che la crisi settennale ha avuto almeno questo risvolto positivo, cioè tenere l’inflazione intorno allo zero e con essa gli interessi inferiori al 2%. Ma se, come è auspicabile, la situazione migliorerà, aumenterà l’inflazione, aumenteranno gli interessi e il peso per il bilancio dello Stato ritornerà a quegli ottanta e più miliardi che costituiranno un ulteriore macigno.
Dunque, la strada che non ha imboccato il Governo era quella di tagliare la spesa corrente. Invece, ha imboccato l’altra (perniciosa) di aumentare il debito, seppure con un fine positivo che è quello di tagliare l’Ires dal 27,5 al 24,5, già nel 2016.

Alcuni politici incompetenti avevano richiamato all’attenzione dell’opinione pubblica il grande economista John Maynard Keynes (1883–1946), il quale sosteneva che per rivitalizzare l’economia fosse indispensabile un ulteriore indebitamento da parte dello Stato. Ma Keynes sosteneva che esso doveva essere indirizzato alle spese per investimenti, cioè alle spese in conto capitale, e mai alla spesa corrente. Ciò perché quest’ultima è fine a sé stessa, mentre la spesa per investimenti è una leva moltiplicatrice delle attività economiche, che crea ricchezza e occupazione.
Ora, nel nostro Paese c’è bisogno di migliaia di opere pubbliche, del riassetto idrogeologico del territorio, di infrastrutturare a livello della media europea tutto il Sud. In altri termini, di creare condizioni e opportunità per far aumentare i consumi interni, incrementare le esportazioni (che già tirano) e, non meno importante, per attirare investimenti esteri, e con essi i milioni di turisti che vengono nel nostro Paese e nel Sud spontaneamente e che potrebbero moltiplicarsi con un sistema organizzato di attrazione.
Tuttavia, il Ddl (Legge di Stabilità 2016) non è il peggiore, ma si deve migliorare.

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