Lotta alla corruzione cercando la verità - QdS

Lotta alla corruzione cercando la verità

Carlo Alberto Tregua

Lotta alla corruzione cercando la verità

venerdì 06 Novembre 2015

Il buon senso dei giudici

La corruzione è il cancro peggiore di una comunità, perché falsa i rapporti, perché inquina l’economia, perché fa progredire corrotti e corruttori a danno dei cittadini onesti che si sacrificano pagando le tasse.
La corruzione non è solo materiale, con il pagamento di mazzette e di tangenti, ma riguarda un versante ancora più grande, quando cioè una persona fisica (o giuridica) ottiene un ingiusto profitto o una qualunque utilità per atti compiuti al di fuori della legge. L’ingiusto profitto o l’utilità può essere il favore per l’assunzione di un parente, una parcella gonfiata, un atto inesistente e così via.
Purtroppo la cultura del favore è stata amplificata da un ceto politico e da un ceto burocratico che per decenni l’hanno usata a mani basse, anche nei confronti di coloro che pur avendo un diritto, se lo vedevano negare al fine di costringerli a pagare. Sempre di reato si tratta, ma un reato dovuto alla forza maggiore da parte di quegli imprenditori che si sono visti ritardare senza ragione mandati di pagamento e, quindi, impossibilitati a far fronte ai propri impegni nei confronti di imprese, fornitori, fisco e dipendenti.

L’attività dei Pubblici ministeri è molto delicata, perché deve scoprire, fra gli altri delitti, la corruzione ovunque essa sia annidata. è delicata, perché i Pm devono rappresentare lo scenario nel quale indagano e comprendere chi sono i soggetti dello scenario stesso. Rendersi conto, quindi, se le persone indagate hanno l’attitudine a delinquere, oppure se sono persone perbene. Valutare bene le circostanze, per cercare e comprendere la verità.
Ecco il cuore di ogni inchiesta: la ricerca della verità. I fatti possono essere visti da diverse angolazioni ed interpretati secondo logiche inquisitorie che spesso fanno a pugni con la verità.
Di solito, i Pubblici ministeri sono professionisti preparati, seri ed equilibrati, consapevoli del grande potere (praticamente illimitato) di cui dispongono. Ecco perché la loro sensibilità deve metterli al riparo da errori che possono rovinare persone perbene.
I Pubblici ministeri dispongono di uno strumento delicatissimo qual è la richiesta del sequestro per equivalente.
 

Di che si tratta? Di un provvedimento che viene richiesto al Giudice delle indagini preliminari per sequestrare beni degli indagati corrispondenti al supposto ingiusto profitto. Spesso, quando si è trattato di imprese, vi è stato un ulteriore danno: nominare amministratori giudiziari che hanno rovinato le imprese medesime, perché i professionisti non hanno la mentalità imprenditoriale e, quindi, operano con criteri deleteri per la vita delle aziende.
Che i provvedimenti cautelari vengano presi è essenziale, ma solo nei casi in cui vi siano prove molto valide che rendano solido l’impianto accusatorio, tenuto conto della valutazione dei soggetti penalizzati, cioè se essi potrebbero sottrarre beni all’inchiesta.
Se il Gip convalida la richiesta di sequestro avanzata dal Pm, vi è la garanzia del ricorso al Tribunale del Riesame che, essendo collegiale e guardando bene la documentazione, spesso annulla il gravissimo provvedimento convalidato dal Gip.

In questi ultimi tempi vi sono stati clamorosi annullamenti di sequestri, per ultimo quello nei confronti di Fabrizio Palenzona, vice presidente di Unicredit. Poi, vi è stata una ferma posizione del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, contro l’avviso di garanzia inviato al governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. L’ex numero uno della Banca di Roma, Cesare Geronzi, è stato assolto nel processo Eurolat, come Raffaele e Toti Lombardo dal reato elettorale.
Vi sono tanti altri casi in cui l’impianto accusatorio non ha retto, ma quando arriva l’assoluzione o il dissequestro il danno è stato fatto. Ecco perché trovano sempre più accoglimento le richieste di risarcimento di danni morale, materiale, psicologico e d’immagine, che costano allo Stato centinaia di milioni di euro l’anno.
Un po’ di prudenza dei Pm sull’invio a processo e/o sequestro di beni per equivalente sarebbe opportuna, anche a tutela dell’immagine, dell’equilibrio e della terzietà dei giudici.
Il buon senso e la ricerca della verità vera, priva di suggestioni, sono gli elementi che in un Paese, ove i processi durano più di dieci anni, devono salvaguardare i cittadini perbene contro atti che possono danneggiarli irrimediabilmente.

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