Pa, i dirigenti licenzino o vengano licenziati - QdS

Pa, i dirigenti licenzino o vengano licenziati

Carlo Alberto Tregua

Pa, i dirigenti licenzino o vengano licenziati

mercoledì 18 Novembre 2015

Efficienza tagliando gli sprechi

La legge Brunetta (n. 15 del 4 marzo 2009) prevede che i pubblici dipendenti possano essere licenziati. Ma l’interruzione del rapporto di lavoro pubblico non avviene quasi mai come sanzione per l’inefficienza, l’incapacità o la mancanza di voglia di lavorare degli stessi.
Questo accade perché i dirigenti, che hanno la responsabilità di conseguire obiettivi, vengono meno a tale responsabilità. Tanto nessuno li controlla, tanto nessuno li sanziona, tanto continuano a percepire stipendi, indennità e, udite udite, premi, indipendentemente dai risultati.
La vera cancrena del nostro Paese è il ceto burocratico dirigenziale pubblico, nel quale la maggior parte dei dirigenti è formata da persone in gamba, professionalmente preparate e capaci di ottenere risultati. Ma vi è una minoranza di persone messe in posti chiave in quanto fedeli e non capaci. La conseguenza è che essi non puntano all’interesse generale bensì a quello proprio e dei propri mandanti.
La questione sembra irrisolvibile, mentre non lo è.

Cosa fare? Rafforzare la legge indicata inserendo meccanismi sanzionatori, che affianchino quelli premiali, ragguagliati unicamente ai risultati.
Per verificare i risultati, occorre che il ceto politico che governa le istituzioni fissi obiettivi, tempi di realizzazione, cronoprogramma e controllo dei risultati paragonati agli obiettivi  medesimi.
Questo è il punto cruciale della questione. Chi ha competenza di organizzazione aziendale – ricordiamo che anche la pubblica amministrazione è un’azienda (non un’impresa che ha fine di lucro) – , sa bene come fare per razionalizzare gli strumenti della produzione di servizi, le risorse umane, quelle finanziarie ed ogni altro mezzo per raggiungere gli obiettivi. Se tutto questo non si fa, è perché non si vuole una pubblica amministrazione che funzioni e che serva davvero i cittadini.
La disfuzione pubblica ha un secondo effetto molto grave: la corruzione. Quando le cose non funzionano, quando c’è opacità, quando i burocrati lottano la trasparenza e non mettono in campo i più innovativi strumenti che la servano, il risultato è che le spese aumentano non già per produrre i servizi ma per alimentare sprechi, clientelismi e favoritismi. 
 

Come mai i dipendenti pubblici inefficienti e fannulloni (non parliamo di quelli corrotti) non vengono licenziati dai loro dirigenti? La risposta è semplice. Perché quando un dirigente dovesse procedere ad un giusto licenziamento, si pone il dilemma: farlo o non farlo.
È ovvio che la soluzione più comoda è quella di non farlo. Ma tale soluzione è comoda nella misura in cui il dirigente non riceve sanzioni professionali per la sua omissione. Se il dilemma fosse un altro: licenziare il dipendente inefficiente o essere licenziati, la convenienza porterebbe il dirigente a fare il proprio dovere, anche perché se non lo facesse, sarebbe personalmente penalizzato.
La questione è tutta qui: una questione di responsabilità. Chi assume funzioni dirigenziali nella Pa deve tener fede alla stessa, costi quel che costi. Solo così si instaurerebbe un processo virtuoso secondo il quale tutti farebbero il proprio dovere con la conseguenza che il tasso di efficienza dei servizi aumenterebbe notevolmente.

Vi sono tanti blablatori in malafede che collegano i tagli della spesa pubblica ai tagli dei servizi. Non è vero. Vi sono interi manuali che spiegano dettagliatamente come i tagli degli sprechi aumentino l’efficienza dei servizi, ne migliorino la qualità e li facciano salire nella graduatoria di quelli migliori.
Vi è l’altro aspetto della questione: il controllo da parte dei cittadini dei servizi di cui sono destinatari. Questo controllo non si verifica quasi mai perché da un canto non ci sono gli strumenti, volutamente non installati dai burocrati, e dall’altro non vi è l’abitudine da parte degli stessi alla  protesta civile che si fa scrivendo direttamente agli enti carenti e, per conoscenza, a quotidiani e televisioni, i quali d’altro canto, dovrebbero essere  al servizio dell’informazione completa ed obiettiva.
Quali gli strumenti? Per esempio i totem digitali da installare presso ogni ufficio pubblico, statale, regionale o comunale e presso ogni ufficio delle partecipate pubbliche. I cittadini potrebbero esprimere soddisfazione o insoddisfazione digitando su tali totem, così premiando o sanzionando i dirigenti dello stesso ufficio. Non facile, ma realizzabile.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017