Olio extravergine, la Sicilia non coinvolta nello scandalo - QdS

Olio extravergine, la Sicilia non coinvolta nello scandalo

Chiara Borzi

Olio extravergine, la Sicilia non coinvolta nello scandalo

giovedì 19 Novembre 2015

Norme poco chiare e etichettature assenti fanno sì che nulla venga riconosciuto all’eccellenza locale

CATANIA – Lo scandalo dell’olio di oliva spacciato per extravergine non ha interessato aziende siciliane, ma la nostra produzione olivicola vive da tempo una situazione drammatica e anche a causa delle truffe alimentari. Fioccano i riconoscimenti nazionali, perché quest’anno la Sicilia ha guadagnato il primo posto nella graduatoria di “Oli d’Italia 2015” (curata dal Gambero Rosso) con dieci oli premiati con le “Tre foglie” e undici oli premiati con le “Due foglie rosse” eppure lo scorso anno gli specialisti dell’assessorato regionale all’Agricoltura hanno contato circa 140mila aziende locali piegate dalla crisi.
Altra contraddizione vissuta proprio dalle aziende siciliane è quella di non veder riconosciuta la qualità del proprio prodotto a causa della scarsissime tutele riservata sia dalle politiche della Comunità Europea, che da quelle della Regione.
Norme facilmente eludibili, etichettature poco chiare o addirittura assenti, fanno sì che quasi nulla venga riconosciuto all’eccellenza dell’oro giallo siciliano che, per questo, viene facilmente soppiantato nel mercato da prodotti più scadenti. Questi risvolti gettano in cattiva luce l’intera produzione olivicola nazionale. Sebbene fuori dagli ultimi scandali la stessa Sicilia non è rimasta estranea ai meccanismi della truffa alimentare negli anni passati.
A febbraio del 2014 il Corpo Forestale dello Stato e l’Ispettorato Centrale controllo Qualità e Repressione Frodi di Palermo ha sequestrato oltre 20mila bottiglie di olio extravergine di oliva ad un’azienda locale colpevole di aver etichettato degli oli provenienti da Spagna, Marocco e Tunisia come olio extravergine di oliva italiano. Al pari di quanto, dunque, succede in Italia anche nella nostra regione l’assenza di una politica di tutela dei prodotti olivicoli locali produce un duplice effetto: quello di trasformare i produttori e gli appartenenti al comparto a volta in vittime delle frodi e talvolta in artefici delle stesse. A farne per ultimi le spese sono i consumatori, primi ad essere stati colpiti anche dal recente scandalo che ha interessato l’etichettatura degli oli vergine spacciati come extravergine di oliva.
“Parlare di olio italiano per prodotti come quelli finiti nel mirino dell’inchiesta di Guariniello è sbagliato – ha chiarito il presidente di Confagricoltura Sicilia Giovanni Selvaggi – La proprietà di quei marchi non è italiana e spesso molte altre miscele commercializzate con marche semisconosciute e vendute come italiane o siciliane non lo sono. In Sicilia la situazione è gravissima – ha dichiarato il presidente Confagricoltura – specie per quanto riguarda l’olio d’oliva extravergine esposto alla concorrenza sleale dei paesi dell’altra sponda del Mediterraneo. Purtroppo negli ultimi mesi, anziché una difesa dell’autentico olio italiano e siciliano abbiamo dovuto registrare l’ennesima beffa perpetrata ai danni dei produttori onesti, ovvero la proposta legislativa della Commissione Ue per autorizzare l’ingresso sul territorio europeo di ben 35 mila tonnellate di olio d’oliva in aggiunta alle attuali 57 mila tonnellate previste dall’accordo di associazione UE-Tunisia. Per i produttori siciliani aver ottenuto l’autorizzazione ad usare la denominazione “Olio Extra Vergine di Oliva IGP Sicilia, è stato un passo importante per evitare fraudolenti fenomeni di contraffazione, ma non basta”.
 


Alessandro Chiarelli, Coldiretti Sicilia: “Vanno riviste le norme italiane e dell’Ue”
 
PALERMO – Di fronte i casi di truffa alimentare il danno arrecato al sistema è doppio, ricopre la sfera economica, ma soprattutto quella della salute dei consumatori. Le aziende e i produttori che scelgono di agire fuori dalle regole raramente si trovano nella condizione di avere un confronto con la legge, scontando quindi delle pene, per questo serve maggiore controllo sia sull’ingresso dei prodotti in Italia che sull’utilizzo che ne viene fatto sullo stesso territorio.
“Quella scoperta nei giorni passati non è la prima e non sarà neppure l’ultima truffa alimentare a cui andremo incontro – ha dichiarato il presidente di Coldiretti Sicilia Alessandro Chiarelli -. Con gli oli stiamo giocando una partita preoccupante e che ci porterà a perdere un prodotto di cui dovremmo avere massima certezza dell’origine. In Sicilia le truffe che interessano l’olio concorrono alla persistenza di un buco economico da 5milioni di euro che interessa le produzioni alimentari. Serve fare chiarezza su una materia che chiara non è. L’Unione Europea deve salvaguardare l’origine del prodotto e la salute dei consumatori, non gli interesse economici dei singoli stati membri. Vanno riviste le normative, sia italiane che europee – ha dichiarato il presidente Coldiretti – va interessato l’Antitrust, specialmente nei casi in cui alla presenza di un prodotto palesemente scarso e di fronte la palese violazione delle norme, raramente le forze istituzionali intervengono per sanzionare i trasgressori”.

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