Se salta Stancanelli saltano tutti i sindaci - QdS

Se salta Stancanelli saltano tutti i sindaci

Carlo Alberto Tregua

Se salta Stancanelli saltano tutti i sindaci

giovedì 12 Novembre 2009

In bilico le elezioni in Comuni e Province

La legge regionale 35/1997 che ha modificato la precedente 7/1992 – fatta approvare dall’allora presidente della Regione, Giuseppe Campione, che minacciò le dimissioni qualora fosse stata accantonata – prevede un meccanismo farraginoso per l’elezione di sindaci, presidenti della Provincia e consiglieri. Tale meccanismo può indurre in errore gli elettori e così sembra che si sia verificato. Per questa ragione, l’onorevole Nello Musumeci ha fatto ricorso al Tar chiedendo l’annullamento delle elezioni del 15 e 16 giugno 2008 sulla base dell’assunto che la legge citata sia incostituzionale.
La prima udienza è stata interlocutoria, mentre l’istruttoria verrà completata nei prossimi mesi e probabilmente l’ordinanza definitiva verrà emessa nel’udienza del 14 gennaio 2010. Se il Tar riconoscerà che non è manifestamente infondata l’ipotesi di illegittimità costituzionale della citata legge regionale, la parola passerà alla Suprema corte, che si esprimerà nel corso del prossimo anno.

Siamo nel campo delle ipotesi, seppure con un supporto abbastanza concreto e quindi non possiamo che fare mere valutazioni, nel caso la Corte costituzionale dovesse abbattere la legge regionale e con essa le 390 amministrazioni comunali e le nove amministrazioni provinciali.
Naturalmente non sarebbe automatica la decadenza di tali amministrazioni, ma quasi certamente tutti i non eletti avrebbero l’interesse di attivare i processi legali al fine di annullare le elezioni.
Si tratta, come è facile immaginare, di un’ipotesi non remota ma concreta che rivoluzionerebbe lo scenario politico delle amministrazioni locali della Sicilia. Quest’esempio potrebbe avere effetti a cascata in altre regioni del continente ove vige una legge nazionale (la n. 81 del ‘93) per l’elezione del sindaco.
Nella nostra Isola, il quadro istituzionale è già in fibrillazione per effetto della scissione, all’interno del Popolo della libertà, del gruppo del Pdl Sicilia che fa capo a Micciché (15 deputati), la cui denominazione non è stata ancora validata in seno all’Ars, e il gruppo dei cosiddetti lealisti che fa capo al binomio Alfano-Schifani (19 deputati).

 
La fibrillazione, seppure attenuata, è anche all’interno del Partito democratico per il forte contrasto che vi è fra il capogruppo all’Ars, Antonello Cracolici e il neo segretario eletto Giuseppe Lupo. Il contrasto non è personale, ma riguarda la linea politica del Pd siciliano. Cracolici, appoggiato da D’Alema, punta a un partito isolano federalista e per ciò stesso propenso all’autonomia. Lupo, da vecchio democristiano, è centralista e quindi legato agli ordini che provengono da Roma.
Non sappiamo se il Pd si spaccherà, ma non lo auspichiamo. Tuttavia non possiamo che vedere con favore la linea di Cracolici perché anch’egli perviene a quella editoriale di questo giornale, portata avanti in trent’anni di Autonomia.
Qui non si tratta di resuscitare il milazzismo, perché i tempi sono profondamente cambiati. Qui si tratta di affermare con forza il principio che la Sicilia si deve autoamministrare in forza della legge costituzionale che è il proprio Statuto.

Una maggioranza formata da Mpa, Pdl Sicilia e Pd Sicilia conterebbe 59 deputati e quindi costituirebbe una novità nello scenario politico italiano, perché sarebbe un primo passo per quella collaborazione a livello nazionale fra Pdl e Pd, indispensabile per fare le profonde riforme di cui ha bisogno il nostro Paese.
Quindi l’operazione non solo avrebbe una svolta autonomista che interessa la Sicilia, ma potrebbe costituire il trampolino di lancio per un rinnovamento effettivo delle istituzioni nazionali.
E la Lega? È già un partito autonomista, il più grosso d’Italia. Bossi ha fiuto e capirebbe subito questa nuova opportunità. La Lega è un ottimo esempio di come un partito autonomista si possa radicare nel territorio, perché ha utilizzato una classe dirigente capace che ha dato dimostrazione di efficacia nelle amministrazioni locali delle quali ha assunto la responsabilità.
Non si deve creare un bilanciamento alla Lega, ma creare uno stretto rapporto di collaborazione perché dai poli del Nord e del Sud si propaghi l’indispensabile federalismo che porti le classi dirigenti locali ad assumersi le proprie responsabilità nei confronti dei cittadini.

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