Aziende agricole familiari, guadagni da fame - QdS

Aziende agricole familiari, guadagni da fame

Chiara Borzi

Aziende agricole familiari, guadagni da fame

sabato 28 Novembre 2015

In Sicilia sono la forma predominante di impresa legata alla terra (circa il 70% del totale). L’Inea ha analizzato i loro ricavi. Il 25% di queste guadagna 1.000 euro al mese, il rimanente 75% ha ricavi inferiori ai 500 euro

ROMA – L’importanza dell’agricoltura familiare è riconosciuta a livello internazionale, tanto che lo scorso anno le Nazioni Unite hanno proclamato l’Anno Internazionale della Famiglia Agricola, ricordando come questa forma d’impresa sia tra le più importanti per la lotta alla riduzione della povertà e per il miglioramento della sicurezza alimentare.
In Sicilia le aziende agricole gestite in famiglia costituiscono la forma predominante d’impresa legata alla terra. Secondo gli ultimi dati forniti da Inea nel rapporto sull’Agricoltura familiare 2014, circa il 50-70 per cento del totale delle nostre aziende isolane sono gestite da un nucleo familiare. La Sicilia non è sola con questa caratteristica: è accompagnata principalmente da un’altra regione del Mezzogiorno (Campania), una del Centro e una del Nord (Toscana e Piemonte), ma quello che la differisce dalla maggior parte delle aziende agricole familiari italiane è la presenza di ricavi e redditi esigui.
Numeri decisamente bassi rispetto al resto d’Italia che rendono ormai un vero sacrificio la sopravvivenza di questo genere di azienda nella nostra regione. Eccessiva burocrazia, crisi della microeconomia, mancanza di sostegno economico, sono le cause principali che a tutti livelli, sia regionale che nazionale, rendono difficile portare un sistema della produzione della terra di tipo familiare. Piuttosto che alimentare questo business i vari governi locali, tra cui quello siciliano, si limitano al mantenimento di uno status quo in cui – citando le parole dell’ex assessore all’Agricoltura della Regione Sicilia, Nino Caleca “I tempi della burocrazia finiscono per non essere quelli dell’agricoltura”. I finanziamenti vengono essenzialmente concessi dalla Comunità Europea e dalle programmazioni del Psr nei vari settenari, ma il ritardo nella pubblicazione dei bandi (come sta avvenendo in Sicilia) rende tutto più difficile. Lo scenario attuale che ci caratterizza è quello della presenza di aziende familiari sempre più povere.
Il ricavo totale per azienda registrato in Sicilia è di circa mille euro al mese. Un guadagno uguale a quello dell’Umbria, delle Marche e inferiore già a quello del Lazio o il Friuli Venezia Giulia. è da attenzionare un particolare che emerge dai dati elaborati da Inea: questa somma di ricavo interessa solo il 25 per cento delle nostre aziende regionali, perché oltre il 75 al per cento guadagna meno di 500 euro mensili. Un introito importante è da considerare elitario per la maggior delle aziende italiane, ma alcuni territori, ovvero quelli di Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto sono da considerare quasi dei “nababbi” dell’impresa agricola in famiglia. La piccola fetta composta dal 25 per cento di aziende dell’Emilia-Romagna produce un guadagno che sfiora i 2.500 euro, in Veneto si superano i 2mila, in Lombardia questa somma si sfiora, mentre in Piemonte le aziende ricavano circa 1.500 euro al mese. Le differenze con la Sicilia sono oltremodo evidenti perché il 75 per cento delle aziende familiari del Veneto guadagna oltre 1.500 euro al mese, ovvero più di quanto guadagnano le nostre aziende da considerare “elite” del comparto. Il 75 per cento delle imprese della Lombardia ricava mille euro al mese dalla loro attività, ovvero esattamente la stessa somma che ricavano ancora una volta le nostre aziende da considerare più ricche.
 

 
Un reddito extra aziendale per superare le difficoltà
 
Secondo il rapporto sulle Aziende Agricole Familiari di Inea nelle imprese con reddito molto basso (quindi anche le siciliane), serve un reddito extraaziendale per garantire la sopravvivenza dell’azienda agricola familiare. In un terzo della imprese che si alimentano con redditi extraziendali la forza lavoro viene, inoltre, da un solo membro, ovvero dal titolare conduttore, il cui reddito integrativo è tra l’altro rappresentato nel 65% dei casi dalla pensione. “Si tratta di aziende prevalentemente piccole – scrive Inea – e nel 70% dei casi il conduttore, unico lavoratore familiare, svolge la maggior parte del lavoro che l’azienda richiede (più del 75%) e consegue un reddito di poco superiore a 11.000 euro”. Si legge ancora nel rapporto, che visto il basso reddito di queste aziende, i figli di questi conduttori raramente accettano di proseguire l’attività agricola. In Sicilia, come dichiarato mesi fa dalla presidente di Donna in Campo regionale, quest’ostacolo interessa anche le donne che subentrano ai padri nella direzione delle imprese agricole locali. Riscontri alla mano, nelle piccole aziende siciliane, dove tutti questi elementi sembrano predominanti, sembra il futuro sia segnato in negativo e non in positivo. Dati economici alla mano la nostra condizione di produzione regionale sembra quasi di sussistenza e non in grado di competere con mercati pronti ad accogliere il valore dei prodotti realizzati dalle conduzioni familiari della terra.

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