Ue: competitività debito, crescita - QdS

Ue: competitività debito, crescita

Carlo Alberto Tregua

Ue: competitività debito, crescita

martedì 01 Dicembre 2015

Si allarga la forbice tra Nord e Sud

La Ue ha pubblicato il rapporto sugli squilibri di 18 Stati membri, fra cui l’Italia e la Germania. I fattori sensibili su cui è puntata l’attenzione della Commissione europea riguardano l’eccessivo debito, la bassa crescita e la competitività quasi inesistente, almeno per quanto riguarda l’Italia.
Bruxelles pubblicherà a febbraio 2016 pagelle più precise per i Paesi che non rispettano i parametri europei. Si tratta ancora di allarmi modesti dei quali, tuttavia, i governi debbono tener conto.
Per quanto riguarda l’Italia, l’Ue sottolinea come, nonostante l’inflazione quasi a zero e gli interessi anch’essi quasi a zero, il debito sia salito da settembre 2014 a settembre 2015 di ben 57,7 miliardi. Se l’inflazione si fosse trovata, come auspicato, al 2%, il debito sarebbe cresciuto di un’altra ventina di miliardi.
Un debito così pesante, secondo solo a quello della Grecia tra i 28 Paesi dell’Ue, comporta un pesantissimo onere sulle generazioni future che, in un modo o nell’altro, dovranno pagarlo, ovvero pagarne gli interessi che, per il 2015 sono stati di circa 71 miliardi, ma con l’auspicata crescita dell’inflazione potrebbero arrivare a 80 miliardi.   

Il secondo punto critico riguarda la crescita lenta del nostro Paese che, nella più ottimistica previsione, sarà di una quindicina di miliardi, pari ad un incremento dello 0,9%. La Germania prevede una crescita dell’1,6%, cioè quasi il doppio, ma su un Pil molto più pesante, infatti dai dati a nostra disposizione rileviamo che nel 2013 la Germania ha avuto un Pil di 3.641 miliardi di dollari contro 2.070 miliardi di dollari del nostro Paese.
Fra le cause di questa bassa crescita vi è la scarsa competitività del sistema Paese (terzo punto del rapporto Ue) che non consente l’emersione delle energie migliori perché frenate da clientelismi, favoritismi e privilegi di ogni genere.
Aggiungiamo che, in questa scarsa competitività, una delle componenti più ragguardevoli, è la Pubblica amministrazione, una sorta di melma, una palude in cui è invischiata tutta l’economia italiana.
Sono tutti d’accordo su questa malattia cronica che ha colpito la nostra burocrazia, ma nessun Governo negli ultimi 20 anni è riuscito a trovare la terapia giusta.
 

Vi è un recentissimo rapporto dell’Istat (pubblicato sul QdS del 20/11) che ha messo a fuoco i parametri di occupazione e consumi facendo il paragone tra Nord e Sud. In primo  luogo, vengono rilevate le sette regioni che hanno avuto un incremento di Pil (Valle D’Aosta, Lazio, Molise, Marche,Veneto, Basilicata e, stranamente, la Calabria). Tutte le altre hanno avuto un calo nel 2014. Tra queste, Abruzzo, Campania e la Sicilia (-0,9%).
Il dato più crudo che emerge dal confronto tra Nord e Sud è quello del reddito pro capite che è di 32,5 mila euro al Nord e di 17 mila euro al Sud, con un differenziale enorme che sancisce come il reddito pro capite dei cittadini del Sud sia inferiore di ben il 40% a quello dei cittadini del Nord. Reddito pro capite che quest’anno crescerà al Nord ma non a Sud.
Cosicché la forbice si continua ad allargare ed il principio sancito dall’art. 3 della Costituzione, secondo cui tutti i cittadini sono uguali, è andato a farsi benedire. Infatti, i cittadini del Nord sono molto più uguali (il doppio) dei cittadini del Sud.  

Eppure la politica economica del Governo non si muove verso l’accorciamento della situazione economico-occupazionale fra le due grandi aree del Paese, bensì, nel migliore dei casi, verso un mantenimento dello status quo.
Con un Meridione in questa drammatica situazione, ancora più pesante per l’indice di disoccupazione, a soffrire è tutta l’Italia, non solo la parte più avanzata, perché inevitabilmente il costo della Pubblica amministrazione, in relazione al Pil, è molto più elevato al Sud che al Nord.
Questo incide sui conti dello Stato, perché la parte assistenziale è molto maggiore per il Sud che per il Nord, soprattutto ora che la cassa integrazione guadagni (che andava quasi tutta al Nord) si è quasi dimezzata. 
La cecità del Governo nel non affrontare di petto la questione meridionale comporterà una crescita complessiva ancora lenta e una disoccupazione ancora elevata soprattutto al Sud.
Uomo avvisato…

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