Mercato non competitivo e il cavallo non beve - QdS

Mercato non competitivo e il cavallo non beve

Carlo Alberto Tregua

Mercato non competitivo e il cavallo non beve

sabato 12 Dicembre 2015

Si vince con la persuasione

Ormai è noto che l’Italia si trova agli ultimi posti per competitività e produttività, che sono le due leve per fare progredire il Paese e far crescere economia e occupazione.
Soltanto dalla competitività, che si ottiene mettendo in concorrenza tutti i soggetti, compreso quelli pubblici, vi è la possibilità di guardare avanti in modo positivo.
È perfino utile indebitare di più il Paese se le maggiori risorse così ottenute servano a spingere su investimenti e infrastrutture. Le stesse, insieme all’energia e al turismo, costituiscono le autostrade su cui il Governo dovrebbe approvare le riforme. Mentre la notizia che esso aumenterà dal 2,2 al 2,4 il disavanzo del 2016 è negativa, perché significa caricare ulteriore debito sulle generazioni future, è ancor più negativa se le risorse così reperite saranno destinate alla spesa corrente piuttosto che agli investimenti.

La questione è tutta qui: spingere affinché il cavallo ricominci a bere, per vincere l’abulia e la paura che hanno preso gli italiani, ovviamente non tutti. Infatti, dall’Umbria in sù, il Paese si è messo a crescere, forse più della Germania. A Roma stanno tutti bene per lo stipendificio di alto livello; dal basso Lazio in giù, salvo alcune eccezioni, il disastro è totale.
Nel Meridione, infatti, non vi è competitività, né produttività, né concorrenza. Nel Meridione il piattume è generalizzato, anche perché la Casta politica e burocratica, sorda ai bisogni della gente, continua a sopravvivere utilizzando il becero scambio tra voto e favore.
Proprio per questa ragione il Governo Renzi ha la grande responsabilità di non mettere in atto tutti gli strumenti, anche coercitivi, per mettere le Regioni del Sud sul binario della crescita.
Invece, continua a sentire i politici-mendicanti che chiedono risorse non per mettere in moto l’economia, bensì per soddisfare la famelicità di tanti privilegiati che vivono come parassiti a spese della Comunità nazionale.
In questo periodo di inflazione zero, il Dipartimento che gestisce il debito pubblico ha comunicato di aver risparmiato 5 miliardi. Ma non appena l’inflazione ripartirà, spinta dalla Bce, non solo non vi sarà più questo risparmio, ma gli interessi aumenteranno fino a 10 miliardi in un anno.
 

La Legge di stabilità 2016 rischia anche quest’anno di diventare un omnibus, perché tutti cercano di mettere sul treno emendamenti di ogni genere e tipo. Essa, invece, dovrebbe essere uno strumento di politica economica basata sull’equità e sulla propulsività, cosa che non è.
In giro vi sono molti soloni, tanti che spiegano a destra e a manca cose inutili, pochi che hanno la capacità e la concretezza di vedere il futuro come una meta cui dirigersi con i piedi per terra.
Prosopopea e presunzione dilaganti sono altre cause di questo andamento dissennato che non fa crescere il Paese.
Nella mia lunga vita lavorativa ho fatto anche il professore, ma devo confessare che mi sento sempre un allievo, pronto a imparare da chi è sapiente, pronto a innovare e sperimentare strade nuove, trovando soluzioni idonee a raggiungere gli obiettivi che ciascuno di noi si propone. Non emulo i presuntuosi.

Quando sento tanti responsabili di vertice che parlano per dare fiato alla bocca, senza cognizione di causa, mi rendo conto che la situazione è disperata. Tuttavia, bisogna avere l’ottimismo e la volontà per superare le grandi difficoltà che incontriamo.
Però, non possiamo nasconderci dietro a un dito. Finché i guidatori non sono idonei al proprio compito, sarà difficile che l’attuale strada venga abbandonata per imboccare, invece, l’autostrada della crescita.
Ecco perché i cittadini devono abituarsi a protestare e a manifestare rabbia e dolore nel territorio, utilizzando ancora di più i mezzi di stampa e le radiotelevisioni, che solo da poco tempo hanno cominciato a ospitarli con continuità.
Un versante nuovo su cui le istituzioni nazionali e locali dovrebbero spingere è quello delle start-up e delle imprese-jazz, cioè quelle nelle quali, su un progetto condiviso da tutti, vi sono i solisti che addizionano le proprie capacità.
Chi sta ai vertici deve dare l’esempio per coinvolgere chi mira al futuro. Deve mostrare passione e capacità di sacrificio, non essere inutile banditore di prodotti inservibili e di servizi inutili.

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