Siciliani nell'imprenditoria a tutta birra - QdS

Siciliani nell’imprenditoria a tutta birra

Giorgia Lodato

Siciliani nell’imprenditoria a tutta birra

mercoledì 16 Dicembre 2015

Sono sempre di più gli isolani che decidono di investire nel mondo delle bionde e delle rosse di qualità. Gli esempi di Timilia, Ulysses, Ephesto (Catania), Tarì (Modica), Minchia (Messina) già molto apprezzate

CATANIA – “L’acqua può diventare anche una buona bevanda, se mescolata con malto e luppolo” recita un proverbio tedesco. E se i prodotti sono made in Sicily il risultato non può che lasciare soddisfatti.
Come succede con le birre siciliane che conquistano ogni palato. Una di queste è la Timilia, prodotta da Dino Fiorenza in un birrificio a conduzione familiare che si trova alla plaia di catania con materie prime coltivate in provincia di Enna.
Come nasce l’idea di una birra fatta con i grani siciliani?
“Nasce dalla passione familiare per la birra. – dice Dino – La facevamo a casa e abbiamo pensato di sostituire qualche materia prima proveniente da Belgio, Germania o Cecoslovacchia con prodotti siciliani. La soddisfazione più grande ce l’ha data il grano di timilia. Abbiamo messo su una ricetta e siamo entrati piano piano nel mercato”. Come? “Il mercato risponde oggi a due esigenze: qualità del prodotto e la storia che questo racconta. Pensiamo di essere riusciti in entrambe le missioni”.
Qual è la storia del grano timilia?
“Ha 2500 anni – risponde Fiorenza – ed è uno dei grani più antichi ancora presente. Furono i greci a portarlo in Sicilia, poi i romani resero l’isola “il granaio dell’intero impero romano”. Intorno al 3° secolo d.C. venne sostituito con grani che rendevano di più. Ma la magia di timilia è che impiega solo tre mesi per crescere e veniva considerato un grano salvavita. Ci siamo innamorati di questa storia e ci piace pensare che, oltre ad offrire un sorso di birra, offriamo un sorso di storia della nostra terra”.
Quali sono le altre varietà che producete?
“Ad ogni varietà aggiungiamo un elemento del nostro territorio – conclude Fiorenza -. La birra rossa con l’arancia rossa, quella scura con la carruba, l’ambrata con il miele dell’ape nera sicula”.
Delfo Faraci racconta che il Birrificio dell’Etna produce la bionda Ulysses, la rossa Ephesto e la rossa con mosto di Nerello Mascalese Polyphemus. “Si parla sempre più di birre artigianali e le nostre nascono dall’esigenza di legare questo prodotto al territorio. La prima è stata quella con il Nerello Mascalese, prodotto d’eccellenza nel mondo. È stato un esperimento ben riuscito e sta per nascere la quarta con malto e scorze d’arancia siciliana”.
Tanti i giovani che consumano le birre siciliane. “Piacciono e parecchio – dice Simone – e sono in crescita tra i “grandicelli” e tra i più giovani, che preferiscono quelle aromatizzate perché la gradazione alcolica è ridotta. Le più buone per me sono quelle del Birrificio dell’Etna e mi piacciono anche le bottiglie da collezione”.
Michele predilige la Tarí di Modica: “Credo sia la birra siciliana artigianale più conosciuta, ne esistono diverse varietà ed è molto buona, sicuramente tra le mie preferite”.
Ruggero suggerisce la messinese  “Minchia”, mentre Alessandro apprezza le birre del Birrificio Epica, come la Weizen realizzata con cereali coltivati in Sicilia, o quelle del birrificio siracusano Malarazza, prodotte con la zagara d’arancia, con il limone siracusano IGP e con il peperoncino habanero coltivato in Sicilia. 
Sono tanti anche i giovani che investono in questo mondo. Come Carmelo Urso, che ha aperto una birreria proprio nella centrale piazza Pilo a Catania, perché per lui “la birra artigianale unisce tutti i modi di pensare ed è un mondo sconfinato e in evoluzione di cui conosciamo pochissimo e che voglio esplorare”.
Anche lui ha sposato l’idea delle birre siciliane, anche se non c’è la preferita del cliente. Dipende dalla predisposizione fisica e mentale del momento – conclude Carmelo – non si può stabilire una vincitrice”.

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