Riforma P.a., più ombre che luci - QdS

Riforma P.a., più ombre che luci

Carlo Alberto Tregua

Riforma P.a., più ombre che luci

martedì 22 Dicembre 2015

Marianna Madia, soldipubblici.gov.it

Il ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, Marianna Madia, in un’audizione al Senato del 10 dicembre, ha comunicato le linee programmatiche di uno dei Decreti legislativi in attuazione della Legge 124/15.
Ha esordito dicendo che la norma intende modificare la percezione che hanno cittadini e imprese dello Stato, perché lo considerano come un peso disorganizzato, che tende a sanzionare gli errori e non ad aiutare chi li commette per evitarli. Uno Stato inteso come freno all’economia e non  come motore per lo sviluppo e la creazione di ricchezza e occupazione.
Tutto questo accade perché vi è un enorme castello di autorizzazioni inutili, con procedure farraginose, basate sulla carta e non su processi digitali che consentirebbero a cittadini e imprese interlocuzioni in tempo reale con le Pubbliche amministrazioni.
Il ministro ha sottolineato come la Pubblica amministrazione debba essere efficiente e competitiva ma, al di là della ovvia enunciazione, non sembra gli strumenti siano idonei a perseguire gli obiettivi.

Organizzazione e semplificazione sono fondamentali per rendere efficienti i rapporti fra cittadini e amministrazioni e anche quelli fra amministrazioni stesse, perché non si può più lasciare il cittadino ostaggio della burocrazia. Quella burocrazia che non funziona, perché i dirigenti non sono responsabilizzati mediante un sistema meritocratico che dia loro premi o commini sanzioni. Sulla base di che cosa? Ovviamente del raggiungimento di quegli obiettivi che i responsabili delle Istituzioni, cioè i politici, debbono dare loro.
Nel portale soldipubblici.gov.it vi sono dati di ogni tipo, dai Comuni fino allo Stato. Un sito che i cittadini farebbero bene a consultare frequentemente, per avere cognizione di come vengano spesi i loro soldi.
Nella bozza di Dlgs in esame manca un aspetto fondamentale, che darebbe la possibilità ai cittadini di esprimere valutazioni sul comportamento dei dirigenti. Si tratta di un totem con le faccine o con il semaforo. Quando un cittadino o un imprenditore esce dall’ambiente dove si trova lo sportello, deve potere esprimere la sua valutazione sul servizio, schiacciando i tasti verde, giallo o rosso. Ma così non è.
 

Dobbiamo ricordare che i cittadini sono i datori di lavoro dei dipendenti pubblici, pagati per servirli e non per servirsene. I cittadini, inoltre, pagano gli stipendi dei dirigenti. Vi è, quindi, questo rapporto gerarchico tra datore di lavoro, cioè lo Stato dei cittadini, e gli stessi dirigenti.
Il ceto politico dovrebbe controllare l’effettività di questo rapporto. Ma esso è debole, ha gli scheletri negli armadi e, quindi, lascia fare perché ricattabile.
Se la burocrazia non si modernizza, la responsabilità primaria è proprio dei dirigenti che non propongono al ceto politico quella semplificazione, che è parola della denominazione del ministero in questione. Ciò accade perché i cattivi dirigenti non vogliono stare in un ambiente efficiente e, soprattutto, trasparente.
La trasparenza è loro nemica perché porta alla luce i panni sporchi che vorrebbero vedere chiusi nelle stanze.

Madia si è anche soffermata sull’applicazione del nuovo articolo 18 al pubblico impiego. Ha sbagliato citando come fonte giurisprudenziale la Corte Costituzionale anziché la Corte di Cassazione, la quale ha stabilito che tale articolo si applica anche al pubblico impiego. Però, dice la Madia, noi – come Stato datore di lavoro – non lo faremo.
Ha spiegato in modo cervellotico che vi è una differenza sostanziale tra datore di lavoro pubblico e privato, con un’ovvietà: il datore di lavoro privato ragiona con le sue risorse, mentre quello pubblico con risorse pubbliche: una frase lapalissiana e priva di significato, non sappiamo se frutto del suo sacco o di qualche ignorante che gliel’ha scritta.
Per chiarezza, non contano le risorse con cui si pagano gli stipendi pubblici o privati; conta invece, che i dipendenti concorrano al benessere della propria impresa o della propria azienda pubblica.
Gli ignoranti non sanno la differenza fra impresa e azienda pubblica. La prima ha come obiettivo il lucro, la seconda, invece, la produzione di servizi efficienti, cioè con l’impiego di risorse minime per il massimo risultato.
Per ottenere questo risultato ci vogliono dirigenti onesti e capaci.

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