Anche a Bruxelles burocrazia scadente - QdS

Anche a Bruxelles burocrazia scadente

Carlo Alberto Tregua

Anche a Bruxelles burocrazia scadente

martedì 29 Dicembre 2015

Renzi attacca la Germania

Renzi ha proclamato urbi et orbi che lui non ha attaccato la Merkel ma la Germaia: un sofisma. Poi ha affermato una verità teorica che è contraria alla verità vera: i 28 partners dell’Ue sono uguali e nessuno di essi si deve sentire superiore agli altri.
Questo non è vero perché in realtà chi ha il potere lo esercita con forza e determinazione, non importa se scardina equilibri, se ne infischia di superare il crinale delle regole etiche, secondo cui non va esercitata la ragione della forza, bensì la forza della ragione.
Al di là delle enunciazioni e degli  slogan, nonché le esaltazioni dei massimi sistemi, a Bruxelles contano molto di più i burocrati, i quali attuano le direttive della Commissione europea e non quelle del Parlamento,  che ancora conta molto poco. Echeggia la frase del Marchese del Grillo: Io so’ io, voi non siete un c…
È vero che al Parlamento europeo sono stati dati in questi ultimi anni alcuni poteri, ma il cuore dell’Europa resta la Commissione, in atto presieduta da Jean-Claude Junker.

Il Consiglio dei Capi di Stato e Governo – che ora con un’anomalia ha due presidenti, uno semestrale e uno biennale – concorda le linee guida, che poi vengono rese esecutive mediante direttive e regolamenti dalla stessa Commissione.
Mentre le direttive per diventare operative devono essere recepite dagli Stati membri, i regolamenti diventano obbligatori per gli stessi e costituiscono le leggi sovranazionali cui le leggi ordinarie di ogni Stato sono subordinate.
Infatti, sono sempre più numerosi i ricorsi alla CEDU di Strasburgo (Corte europea dei Diritti dell’Uomo) e alla Corte di Lussemburgo di cittadini dei 28 Stati che sono violati dalle proprie leggi nazionali.
Ritornando alla burocrazia di Bruxelles, dobbiamo sottolineare come poi, le decisioni trovino applicazione attraverso le norme che vengono elaborate dai burocrati. Proprio in quella sede dovrebbero inserirsi autorevolmente i burocrati italiani che, invece, hanno ruoli secondari,  per cui non riescono a fare prevalere gli indirizzi del nostro Governo.
Sono inutili, dunque, i proclami. Sarebbe indispensabile un lavoro, paziente e certosino, dei tecnocrati italiani nelle opportune sedi e negli ambienti relativi.
 

Renzi si è scagliato contro la Germania per la sua politica di rigore, accusandola di praticarla da qualche anno dopo che, invece, ha approfittato della borsa allargata dalle riforme autorevoli del Duemila, allora messe in atto dal cancelliere Gerhard Schroder. Quelle riforme hanno fatto prendere velocità alla locomotiva tedesca, che oggi è in uno stato di benessere, con disoccupazione fisiologica intorno al 5% e una crescita del Pil vicina al 2%.
In Italia, la crisi che abbiamo attraversato non è stata affrontata con il rigore indispensabile, a causa della dissennatezza di una classe politica che ha scialacquato le risorse pubbliche per quarant’anni, caricando le future generazioni di un debito pubblico che, a ottobre di quest’anno,  aveva raggiunto l’astronomica cifra di 2.211,8 miliardi.
Lo sforamento del 2,4% del pareggio di bilancio, previsto dalla legge di Stabilità 2016 appena approvata, significa mettere sulla schiena delle future generazioni altre decine di miliardi in più.
Rigore non significa tagliare le spese necessarie ma quelle superflue. Sono superflui gli sprechi, la disorganizzazione, l’inefficienza e tutte quelle forme che non raggiungono il migliore equilibrio tra costi e fabbisogni standard da un canto ed entrate dall’altro.
Vi è poi la questione fondamentale della ripartizione delle uscite tra spesa corrente e spesa per investimenti. La prima alimenta i consumi e basta, la seconda, invece, è una leva che mette in moto risorse da cinque a dieci volte: per ogni miliardo speso in investimenti se ne mettono in moto da cinque a dieci, oltre che creare otto-diecimila posti di lavoro per ogni miliardo.
Questa è stata (ed è) l’incapacità dello scadente ceto politico (fra cui ve ne sono molti bravi e onesti), che non è stato capace di tagliare la spesa corrente e girare le risorse così recuperate alla spesa per gli investimenti.
Il taglio di sprechi, inefficienze e disorganizzazione non comporta mai il taglio di servizi sociali, anzi ne migliora la qualità perché destina la spesa ad obiettivi precisi senza lasciare nulla al clientelismo e al favoritismo.
L’Europa ci guarda, non lamentiamoci. Diventiamo bravi lavorando in silenzio a Bruxelles.

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