Affondato l’eolico, ora Termini - QdS

Affondato l’eolico, ora Termini

Dario Raffaele

Affondato l’eolico, ora Termini

venerdì 13 Novembre 2009

Caso Fiat. Puntare su turismo e servizi avanzati.
Battaglia vinta. Il sequestro di sei parchi eolici in Sicilia e l’arresto di due “guru” dell’imprenditoria legata al vento segnano la fine per l’energia che deturpa il territorio ed è inutile per l’occupazione.
Vocazione turistica. Ora bisogna combattere e vincere la seconda battaglia: “cacciare” l’industria pesante dall’Isola e riconvertire l’area della Fiat di Termini Imerese in risorsa per il turismo.

Da tempo ormai il Quotidiano di Sicilia è in prima linea nella battaglia a questa forma di energia che deturpa il territorio, non si è dimostrata efficace (uno studio dell’assessorato all’Industria ha dimostrato come, nonostante l’incremento delle pale, sia aumentata l’anidride carbonica, ndr), è inutile ai fini dell’occupazione (basta un solo addetto per la gestione di 30 aerogeneratori) e ha consentito infiltrazioni mafiose per affari illeciti di centinaia di milioni di euro.
Affondato l’eolico, ora tocca alla Fiat di Termini Imerese. Occorre riconvertire l’area su cui sorge verso quella che è la sua naturale vocazione. La Sicilia, in virtù delle sue risorse naturali, del clima, dei siti culturali ed archeologici è (o dovrebbe essere) regione a vocazione turistica in primo luogo, quindi agricola. Cosa dire poi dei servizi avanzati e ad alto valore aggiunto? Sono questi su cui si gioca il futuro economico della Sicilia, sono questi servizi, ad alto contenuto d’ingegno, che permetterebbero di ottenere un plusvalore e quindi su cui sarebbe necessario investire. Ma dalla Regione si continua a puntare sull’Industria pesante e l’assessore regionale all’Industria è pronto a far uscire dal suo cilindro un ulteriore finanziamento di 400 milioni per la Fiat di Termini.
 
Un’azienda che non ha futuro in Sicilia (in questo Marchionne è stato chiarissimo: “Dal 2011 niente più auto. Predisporremo un atterraggio morbido per la manodopera e poi convertiremo la fabbrica ad altri scopi”). Sono i numeri a dirlo. E i numeri dicono che produrre in Sicilia è totalmente antieconomico. Innanzitutto, anziché di produzione, bisognerebbe parlare di assemblaggio. Quasi nessuna parte di auto (fatta eccezione per i componenti di plastica per plance e serbatoi e alcune parti di sedili) viene infatti prodotta nello stabilimento di Termini. Circa l’80 per cento dei componenti arriva da altri stabilimenti italiani, il 20 per cento da quelli stranieri. E qui sta il punto. Per arrivare nell’Isola, questi componenti devono percorrere migliaia di chilometri in mare, per strada o in ferrovia (senza considerare poi le enormi difficoltà legate ai lunghi tempi di percorrenza in una regione senza infrastrutture adeguate). Il risultato? Produrre un’auto in Sicilia costa oltre 1.200 euro in più di qualsiasi altro stabilimento non considerando che ormai il mercato meridionale è saturo e quindi non remunerativo. Marchionne questi conti se li è fatti e difficilmente tornerà indietro sulla sua decisione. Anche con i 400 milioni della Regione.
Si riparta dunque dal turismo. Esempi di investimenti sul turismo in Sicilia sono stati quelli di Sir Rocco Forte con il suo Verdura Golf Resort che ha dato occupazione a circa 400 persone. è poi della scorsa settimana la notizia dell’acquisto per oltre 46 milioni di euro da parte del principe arabo Hamed Al Hamed del complesso turistico La Perla Jonica di Acireale. Il rampollo della famiglia reale di Abu Dhabi, è disposto ora ad investire ulteriori 40 milioni per trasformare la struttura in un hotel a 5 stelle di lusso, con grande beneficio per altre centinaia di persone che troveranno lavoro.
Lo stesso si deve ora fare per l’aera di Termini Imerese. I circa duemila, fra dipendenti diretti e dell’indotto, che perderebbero il posto in caso di chiusura della Fiat, dovrebbero essere immessi in un processo formativo di riqualificazione verso questi settori, che costituiscono il futuro economico e sociale della nostra Isola. Il costo di tale processo sarebbe sicuramente inferiore a quello che la Regione sosterrebbe in caso di mantenimento dello stabilimento e immetterebbe sul mercato figure professionali che hanno un futuro.

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