“Da un recente comunicato della AESVI (Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani) alla fine del 2014 il mercato dei videogiochi in Italia finiva con un bilancio di circa 900 milioni di euro di fatturato. A maggio 2015 il trend positivo si assesta sul +3,8%.
Anche la demografia dei consumatori è cambiata. Molte più donne e adulti giocano ai videogiochi: la fascia di età con più videogiocatori è quella tra i 35 e i 44 anni, seguita da quella degli ultra 45enni e poi dalla fascia tra i 25 e 34 anni.
Negli Stati Uniti, nel 2012 l’industria dell’intrattenimento raggiungeva 6,2 miliardi di dollari al PIL statunitense contando circa 150.000 persone impiegate nel settore.
Il 42 % degli americani gioca ai video giochi almeno 3 ore a settimana con una età media di 35 anni. Il 30% dei giocatori è tra i 18 e i 35 anni”.
“Non ho mai lavorato nel mio settore in Italia ma posso dire che chi cerca lavoro negli Stati Uniti deve tenere presente alcune cose.
Anzitutto l’America non è interessata a una immigrazione umanitaria, almeno non tanto quanto accade in Europa. L’immigrante/lavoratore ideale ha un livello di istruzione elevato, ha qualifiche professionali ed è benestante. Se non si possiedono specializzazioni, titoli accademici o skills speciali, immigrare negli Stati uniti può rivelarsi complesso. Complicato è anche il discorso del visto di lavoro negli Stati Uniti.
La maggior parte dei contratti di lavoro specie nel mio settore sono “at will”, il che vuol dire che può essere rescisso da ambo le parti in qualunque momento e senza alcun preavviso.
I contratti di lavoro solitamente includono l’assicurazione satinaria, quella dentistica, contributi pensionistici più o meno generosi, abbonamento a palestre, rimborsi su libri e media, shares dell’azienda".