Terremoto Belìce e terremoto Friuli - QdS

Terremoto Belìce e terremoto Friuli

Carlo Alberto Tregua

Terremoto Belìce e terremoto Friuli

sabato 16 Gennaio 2016

Governo: due pesi e due misure

La notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968, un tremendo terremoto scosse la Valle del Belìce distruggendo parzialmente numerosi paesi. Vi furono tra le 230 e le 370 vittime, oltre mille feriti e circa settanta mila abitanti persero le proprie case. I danni maggiori si verificarono alle infrastrutture pubbliche come reti fognarie, acquedotti, edifici pubblici, scuole e simili.
Dopo 48 anni la ristrutturazione del territorio non è stata ancora completata, seppure lo Stato vi abbia destinato tredici mila miliardi di vecchie lire. Questa ingente somma spesa in quasi mezzo secolo non è servita a riportare il territorio alle condizioni quo ante. Incuria dei pubblici amministratori locali, della Regione e dello stesso Stato che ha trasferito queste risorse, però in un tempo enorme e in quantità non sufficiente.
Ancora una volta emerge chiara la responsabilità dei vertici istituzionali, centrali, regionali e locali, nel non aver fatto il loro dovere consistente nello spendere bene le somme ricevute e nell’effettuare la necessaria pressione, con l’appoggio dell’opinione pubblica, affinché lo Stato facesse il proprio dovere in caso di catastrofi naturali di vaste dimensioni come quella del Belìce. 

Ricordate il terremoto che ha colpito il Friuli nel 1976? In quel caso lo Stato si mobilitò con una tempestività adeguata. In soli 8 anni ha trasferito ben 27 mila miliardi di vecchie lire col che quella Regione a statuto speciale, e i suoi bravi imprenditori e abitanti, hanno fatto rinascere tutte le strutture distrutte, ovviamente aggiornandole e costruendole con sistemi antisismici, che in qualche modo le mettono a riparo da nuovi terremoti.
Sono stati bravi gli amministratori locali, è stata pronta la classe dirigente, è stata reattiva tutta la popolazione? Non sappiamo. Sappiamo solo che il risultato è molto diverso in termini quantitativi e temporali rispetto a quanto avvenuto nella valle del Belìce.
Ora qui non vogliamo fare la solita lamentazione dei mendicanti che tendono la mano, ma un’autoaccusa di colpevolezza della classe dirigente siciliana che non è stata capace di operare con efficacia, come ha fatto quella friulana.
La valutazione non è nuova, perché riguarda tanti altri casi di inefficienza e incapacità che hanno portato la nostra regione agli ultimi posti della graduatoria europea.
 

Albert Einstein (1879 – 1955) sosteneva che Lo spazio è questione di tempo. Cioè tutto è relativo, con ciò scardinando tanti punti fermi che erano nella cognizione umana. Significa che ognuno di noi deve muoversi con elasticità, prontezza, lungimiranza e forza d’animo, per contribuire a realizzare progetti di crescita dell’umanità.
Per far questo ci dotiamo di un ceto politico istituzionale che dovrebbe guidarci con sagacia, onestà ed equità. Ma non siamo capaci di farlo, tanto che oggi la classe politica italiana, a qualunque livello, è mediocre, debole e permeabile dalla corruzione. Ecco perché così gli italiani sono tutti uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.
Prendiamo per esempio i 520 mila abitanti della Provincia di Bolzano. Lo Stato trasferisce ben 5 miliardi l’anno, di più di quanto trasferisce a tutto il Sud. Che poi queste enormi risorse (10.000 euro per ogni abitante) vengano ben spese per infrastrutture, riparazioni idrogeologiche e arricchimento del territorio è un fatto incontrovertibile. 

I privilegi di quella Provincia e della propria classe politica non sono pochi. Per esempio l’ex presidente Durnwalder percepiva un emolumento di 320 mila euro lordi l’anno. I consiglieri di quella Provincia autonoma hanno compensi paragonabili a quelli dei parlamentari e quando non sono più rieletti percepiscono liquidazioni e pensioni paragonabili a quelle di manager di multinazionali. La spesa pubblica corrente è alle stelle anche se affiancata da quella per gli investimenti. Quando c’è abbondanza di risorse non si bada a spese.
Tutto questo è un vulnus al valore dell’equità fra italiani. Mentre lì i 520 mila abitanti stanno tutti molto bene ed alcuni sono ricchissimi, i circa 440 mila abitanti delle province di Enna e Caltanissetta stanno molto male. Anche per propria responsabilità, in quanto la loro classe politica è espressione di quelle popolazioni.
Ma sicuramente vi è un comportamento doppiopesista da parte del Governo che anziché prendere decisioni eque continua a essere preda di poteri forti e di corporazioni.

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