Catania da incubo per non vedenti - QdS

Catania da incubo per non vedenti

Giorgia Lodato

Catania da incubo per non vedenti

martedì 19 Gennaio 2016

Giuseppe Castronovo, presidente delle stamperia regionale Braille: “Ci vorrebbe un intervento radicale”. La storia di Alessandra Spampinato, costretta ad abbandonare la sua città

CATANIA – Spostarsi con i mezzi pubblici, attraversare la strada, fare la spesa, andare in palestra. Sono tanti i problemi che ogni giorno le persone non vedenti sono costrette ad affrontare. Come racconta la catanese Alessandra Benedetta Spampinato, 31 anni, che nonostante la disabilità ama uscire con le amiche e andare in palestra per le lezioni di judo, sport che pratica da 12 anni in cui ha raggiunto il massimo livello diventando cintura nera.
Da un anno Alessandra vive a Ispica, una realtà più piccola della metropoli in cui si vive meglio.
“Ho vissuto per tanti anni a Ficarazzi e spostarsi era un problema. Doveva esserci sempre qualcuno disposto ad accompagnarmi e spesso il sabato rinunciavo alle uscite. Ora vivo in centro e sono più autonoma”.
Alessandra spesso prendeva l’autobus ma anche in quel caso non filava sempre tutto liscio. “Gli autisti ormai mi conoscevano – dice- ma ce n’erano alcuni che mi facevano problemi per far salire il cane guida. Anche se per legge si può portare ovunque, qualcuno ci prova lo stesso”.
Pure fare la spesa in compagnia dell’amico a quattro zampe può diventare un problema. “Non mi aggiro per i reparti perché per quanto sia pulito è pur sempre un cane, ma trovo ogni volta qualcuno disposto a prendermi quattro cose”.
Un altro dei problemi con cui i non vedenti devono confrontarsi sono le auto parcheggiate sul marciapiede e i semafori sonori, quasi del tutto assenti in città. “Fortunatamente il mio cane mi fa evitare le auto, ma devo fare la gincana ogni volta. E il pericolo si estende anche ai bisogni degli animali e alle gomme da masticare”.
Per fortuna c’è qualcuno si cui si può contare. Il cane guida, l’amico inseparabile. Come lo è il labrador Marlene per Alessandra. “Con lei è stato amore a prima vista, fortunatamente ha superato tutti i test per diventare la mia guida. Tra noi c’è un feeling particolare, siamo una coppia speciale. è i miei occhi, la mia bimba”.
Ma la barriera più grande, spiega la 31enne catanese, è rappresentata dalla gente. “Una delle differenze che ho notato tra la città e il paese è che in città sono più menefreghisti e quasi quasi sei un intralcio, in paese invece fanno a gara per aiutarti, sono più genuini”.
Alessandra invita chiunque abbia persone non vedenti in famiglia a non abbattersi, perché “i problemi sono quelli che ti fanno vivere gli altri, non quelli che viviamo noi. La difficoltà nasce quando qualcuno non ti accetta, ma tutto si supera”.
“Di barriere architettoniche Catania è piena – aggiunge il presidente della stamperia regionale Braille, Giuseppe Castronovo –. Possono sembrare sciocchezze, ma non lo sono. Al centro di tutti i marciapiedi, per esempio, si trovano dei pali che impediscono il passaggio ai disabili, alle mamme con le carrozzine e agli anziani”.
In via Vincenzo Giuffrida, di fronte alla Chiesa di San Pietro e Paolo, c’è una strada larga 50 metri con un marciapiede di 60 centimetri, al centro del quale si trovano circa 7 pali che costringono a passare dalla strada. Tre anni fa l’avvocato Castronovo ha portato avanti, insieme ai ragazzi del servizio civile, un lavoro proprio su questo argomento, scoprendo che ci sono circa 800 pali in giro per la città che creano disagi.
Il centro storico è sicuramente la zona peggiore per i non vedenti. “Lì i problemi aumentano enormemente – dice Castronovo – perché in alcune viuzze mancano i marciapiedi e anche le vie principali non consentono una libera circolazione e sono piene di ostacoli”.
Resta il lungomare la zona più praticabile, anche se, racconta l’avvocato, alcune strade sono chiuse e anche una scalinata che permette di raggiungere dal lungomare via Alcide de Gasperi.
“I problemi sono spesso causati dalla mancanza di cultura e senso civico. La strada dovrebbe servire al cittadino, non all’automobilista che si diverte”.
Ognuno di noi dovrebbe impegnarsi per cambiare la situazione attuale, magari prendendo come esempio città come Milano, Torino e Bologna, dove “si può passeggiare tranquillamente, con la sedia a rotelle o con il bastone bianco, da soli e serenamente”.
“Ci vorrebbe un intervento radicale – conclude Castronovo – per rendere più percorribile la città e, una volta per tutte, chiuderla al traffico”.

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