Superpotenze culturali, la cultura fa crescere - QdS

Superpotenze culturali, la cultura fa crescere

Carlo Alberto Tregua

Superpotenze culturali, la cultura fa crescere

mercoledì 20 Gennaio 2016

Motore dell’economia senza carburante

In Italia si spende l’1,1% del Pil per la cultura e solo l’1% per la ricerca. Cosicché i nostri tesori non sono messi a reddito, la nostra inventiva non è messa in condizione di produrre innovazione e brevetti.
Si tratta di due comportamenti sciagurati dei governi che si sono succeduti in questi decenni i quali hanno sempre avuto la vista corta, alimentati da clientelismi e favoritismi.
Sono proprio i clientelismi e i favoritismi, i comportamenti che Papa Francesco addita come coperte della corruzione.
Cos’è la raccomandazione? L’utilizzo di una conoscenza per ottenere un privilegio, impedendo ad altri di competere ad armi pari. Perché si ricorre alla raccomandazione? Per far prevalere chi non merita rispetto a chi merita.
Se in Italia vi fosse un sistema meritocratico esteso al pubblico, come in gran parte del privato, molti degli attuali dirigenti e dipendenti pubblici non sarebbero ai loro posti ma a casa loro. Per converso, molti cittadini che non hanno lavoro si potrebbero trovare nei posti pubblici avendone il merito.

Nella graduatoria delle destinazioni delle risorse pubbliche, ai primi posti si dovrebbero trovare cultura e ricerca. Ma così non è. Quando i beni culturali sono resi fruibili attirano turisti e visitatori come mosche. è soddisfacente l’iniziativa del ministero competente che ha attivato l’apertura domenica e sere alle visite di cittadini e turisti, con un balzo in avanti notevole nel numero dei partecipanti.
Peccato che le regioni meridionali, che possiedono gran parte dei tesori naturali del Paese, non abbiano seguito l’esempio dei musei nazionali, per inefficienza e incapacità di iniziativa e agendo in modo contrario a quanto sosteneva un ministro berlusconiano: Con la cultura non si  mangia.
Quanta gente può essere utilizzata nel versante culturale: dalle ristrutturazioni ai restauri e all’utilizzazione e alla fruizione con personale idoneo, parlante più lingue ed a conoscenza della storia, della letteratura e dell’archeologia. Cultura e fruizione di parchi montani, di riserve marine, di siti archeologici, di beni paesaggistici e tanti altri che, se bene impiegati, producono ricchezza e occupazione.
 

La cultura è, dunque, un motore dell’economia, sia per la parte strutturale che per quella di funzionamento ordinario. L’altra gamba su cui lo Stato dovrebbe investire è la ricerca, perché con l’innovazione si fa fare un passo avanti a tutto l’apparato produttivo. Oggi il più grande progresso è nei servizi. Decine di migliaia di aziende lavorano per modernizzare i servizi pubblici e quelli privati. Modernizzare significa introdurre notevoli tassi di efficienza e quindi migliori risultati e quindi risparmio di costi.
Ma da quest’orecchio la burocrazia non ci sente, preferendo ancora utilizzare scartoffie, perché nei fascicoli si possono nascondere porcherie e corruzione. E poi, i fascicoli si possono perdere in modo che scompaiano tracce di reati.
I due pilastri accennati, cultura e ricerca, sono gracili. Tutti parlano del loro potenziamento, ma quando è il momento di redigere le leggi di Stabilità, nazionale e regionali, la deficiente dotazione non viene migliorata, preferendo spendere risorse per alimentare inutili stipendi e consulenze e compensi a politici trombati, piuttosto che dedicarle al potenziamento di cultura e ricerca. 

L’alta politica dovrebbe essere capace di prendere provvedimenti rapidi improntati ad equità ed efficienza, al servizio dell’interesse generale. Ma questi semplici concetti sono ignorati per calcolo da un ceto politico che preferisce servire se stesso piuttosto che i cittadini.
Siti importanti, come Pompei e Caserta, stanno appena ricominciando a risalire la china dei restauri. Ma per anni hanno divorato risorse senza alcuna contropartita. Siti come la Villa del Casale di Piazza Armerina o l’area archeologica di Morgantina sono irraggiungibili, con strade di raccordo in parte franate e in parte impraticabili e la perdita di un considerevole numero di visitatori, impediti a godere di tali bellezze.
Per queste omissioni nessuno paga perché, almeno fino a oggi, ai dirigenti pubblici non viene chiesto conto e ragione della mancata iniziativa volta a far funzionare le branche amministrative loro affidate.
Ora, però, è arrivato il tempo di meritocrazia e responsabilità.  Senza questi valori non si ricomincia a crescere.

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