Trivelle autorizzate durata da definire - QdS

Trivelle autorizzate durata da definire

Carlo Alberto Tregua

Trivelle autorizzate durata da definire

martedì 26 Gennaio 2016

La Corte dà via libera al referendum

Su rinvio della Cassazione, la Corte costituzionale ha ammesso solo uno dei sei referendum sulle trivelle. Ma, contrariamente a quanto hanno pubblicato tutti i giornali, esso non riguarda la trivellazione, che si intende già autorizzata, bensì la durata delle concessioni. In atto, essa avrebbe termine fino all’esaurimento del giacimento, ma il quesito referendario pone la legittimità di tale durata, ovvero se si debba mettervi un termine.
Chi ha pubblicato la notizia che il referendum verte sulla possibilità di fare o meno le trivellazioni è incorso in un errore madornale, perché non ha letto il testo.
Sostanzialmente, quindi, l’attività di ricerca ed estrazione di greggio e gas è autorizzata e non vi potrà essere alcun referendum, almeno fino a oggi, capace di impedirla.
La questione è seria, perché con la fame di energia che ha il nostro Paese, sembra assurdo interferire con le attività di ricerca, peraltro effettuate da società a controllo statale.

La Basilicata si è arricchita con l’estrazione del greggio. Quella regione di 600 mila abitanti sta diventando la stella del Sud, anche per lo stabilimento Fca di Melfi, che assorbe oltre 5 mila unità lavorative.
Non sembra che l’estrazione abbia creato particolari problemi al territorio. In ogni caso, tutti i lavoratori hanno dichiarato, come quelli dell’Ilva, di avere più paura della fame che del cancro. Infatti, manca la prova scientifica del collegamento fra inquinamento da estrazione e malattia. Vi è, invece, una prova statistica con riferimento al numero di persone attaccate dal tumore.
Anche a Taranto la situazione è grave. Il Governo ha dovuto scegliere una via di mezzo fra inquinamento e lavoro. Per il momento prevale l’indirizzo verso quest’ultimo.
Certo, vi sono gravi responsabilità dell’ex proprietà – ex in quanto l’Ilva attualmente è commissariata dallo Stato – che non ha effettuato nei decenni precedenti tutti gli interventi di bonifica che andavano fatti senza indugio.
Perché le bonifiche non si sono fatte? Perché le istituzioni nazionali, regionali e locali non hanno controllato, mese per mese, la loro effettiva attuazione.
 

La situazione è analoga in Sicilia, ove nei tre poli (Gela, Priolo e Milazzo), si continua a parlare di bonificare le aree, ma tutto resta inattuato senza che chi ha responsabilità di controllo prenda provvedimenti. Il bello è che ci sono le risorse, ma per deficienza della burocrazia, anche in questo caso, non vengono spese. Cosicché, nei tre poli l’inquinamento aumenta e il lavoro è a rischio.
Con l’individuazione del porto di Augusta, come nuova sede dell’Autorità portuale, che comprende i porti della costa orientale dell’Isola, il polo megarese assumerà ancora più importanza economica e strategica perché potrà effettuare ulteriori attività per intercettare i traffici che arrivano dal raddoppiato Canale di Suez.
Perché parliamo di traffici commerciali collegati alle trivellazioni? Perché nell’economia globale tutto si tiene, le attività sono collegate fra di loro e occorrono grande professionalità e competenza per sfruttare al massimo le sinergie dei diversi settori economici.

La Sicilia è una sorta di pontile nel Mediterraneo. Si è sempre parlato di un ponte ideale fra Europa e Africa, ma la fortunata posizione strategica al centro del Mediterraneo non è mai stata sfruttata adeguatamente per insipienza e incapacità dei propri responsabili istituzionali, i quali gestiscono la Regione in modo clientelare. Una Regione ove impera il favore e sono del tutto ignorati i valori di meritocrazia e responsabilità.
A Gela, l’Eni aveva programmato di effettuare un impianto di biocarburante, come lo ha già realizzato a Porto Marghera, con una tecnologia di ultima generazione. Ma gli intoppi burocratici sono stati tali e tanti che hanno indotto il colosso energetico nazionale a desistere da questo programma, con ciò mettendo nella disperazione migliaia e migliaia di dipendenti i quali, anche in questo caso, hanno più paura della fame che del cancro.
Da qualunque parte si giri, la situazione siciliana è disperata perché vi è un ceto politico e burocratico totalmente screditato e incapace di fare alcunché.
Non si vede l’inizio di un ribaltamento di tale comportamento.

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