Chi ha pubblicato la notizia che il referendum verte sulla possibilità di fare o meno le trivellazioni è incorso in un errore madornale, perché non ha letto il testo.
Sostanzialmente, quindi, l’attività di ricerca ed estrazione di greggio e gas è autorizzata e non vi potrà essere alcun referendum, almeno fino a oggi, capace di impedirla.
La questione è seria, perché con la fame di energia che ha il nostro Paese, sembra assurdo interferire con le attività di ricerca, peraltro effettuate da società a controllo statale.
La Basilicata si è arricchita con l’estrazione del greggio. Quella regione di 600 mila abitanti sta diventando la stella del Sud, anche per lo stabilimento Fca di Melfi, che assorbe oltre 5 mila unità lavorative.
Non sembra che l’estrazione abbia creato particolari problemi al territorio. In ogni caso, tutti i lavoratori hanno dichiarato, come quelli dell’Ilva, di avere più paura della fame che del cancro. Infatti, manca la prova scientifica del collegamento fra inquinamento da estrazione e malattia. Vi è, invece, una prova statistica con riferimento al numero di persone attaccate dal tumore.
Anche a Taranto la situazione è grave. Il Governo ha dovuto scegliere una via di mezzo fra inquinamento e lavoro. Per il momento prevale l’indirizzo verso quest’ultimo.
Certo, vi sono gravi responsabilità dell’ex proprietà – ex in quanto l’Ilva attualmente è commissariata dallo Stato – che non ha effettuato nei decenni precedenti tutti gli interventi di bonifica che andavano fatti senza indugio.
Perché le bonifiche non si sono fatte? Perché le istituzioni nazionali, regionali e locali non hanno controllato, mese per mese, la loro effettiva attuazione.
Con l’individuazione del porto di Augusta, come nuova sede dell’Autorità portuale, che comprende i porti della costa orientale dell’Isola, il polo megarese assumerà ancora più importanza economica e strategica perché potrà effettuare ulteriori attività per intercettare i traffici che arrivano dal raddoppiato Canale di Suez.
Perché parliamo di traffici commerciali collegati alle trivellazioni? Perché nell’economia globale tutto si tiene, le attività sono collegate fra di loro e occorrono grande professionalità e competenza per sfruttare al massimo le sinergie dei diversi settori economici.
La Sicilia è una sorta di pontile nel Mediterraneo. Si è sempre parlato di un ponte ideale fra Europa e Africa, ma la fortunata posizione strategica al centro del Mediterraneo non è mai stata sfruttata adeguatamente per insipienza e incapacità dei propri responsabili istituzionali, i quali gestiscono la Regione in modo clientelare. Una Regione ove impera il favore e sono del tutto ignorati i valori di meritocrazia e responsabilità.
A Gela, l’Eni aveva programmato di effettuare un impianto di biocarburante, come lo ha già realizzato a Porto Marghera, con una tecnologia di ultima generazione. Ma gli intoppi burocratici sono stati tali e tanti che hanno indotto il colosso energetico nazionale a desistere da questo programma, con ciò mettendo nella disperazione migliaia e migliaia di dipendenti i quali, anche in questo caso, hanno più paura della fame che del cancro.
Da qualunque parte si giri, la situazione siciliana è disperata perché vi è un ceto politico e burocratico totalmente screditato e incapace di fare alcunché.
Non si vede l’inizio di un ribaltamento di tale comportamento.