I bamboccioni inattivi aspettano Godot - QdS

I bamboccioni inattivi aspettano Godot

Carlo Alberto Tregua

I bamboccioni inattivi aspettano Godot

mercoledì 03 Febbraio 2016

Giovani disoccupati e inoccupati

La disoccupazione giovanile italiana è molto superiore alla media europea. Quella del Sud è il doppio della media nazionale. Questo fenomeno ha diverse cause. La prima deriva dalla riforma Fornero, che ha spostato di 5/6 anni l’andata in pensione di molti lavoratori. Una riforma giusta, che ha rimesso in equilibrio il sistema pensionistico italiano, che diversamente sarebbe andato in tilt entro 10 anni.
La riforma, però, è capitata all’interno della grave crisi che ha colpito anche il nostro Paese, con l’aggravante che non si sono creati nuovi posti di lavoro e quindi i giovani non hanno trovato collocazione.
Una seconda causa deriva dal fatto che, in generale, i giovani italiani preferiscono perdere tempo non appena finita la maturità, anziché immettersi immediatamente nel mondo del lavoro, di qualunque lavoro, indipendentemente che piaccia o meno.
Molti altri vanno all’università e lì parcheggiano per un numero superiore ai cinque anni canonici. In Italia l’età media dei laureati è di oltre 28 anni con una perdita secca di quattro anni. 

Se i giovani si laureassero entro i 24 anni, al massimo, potrebbero utilizzare gli altri quattro per fare esperienze di ogni genere e imparare mestieri e lavori, abituandosi alla fatica ed al sacrificio, senza i quali non si può progredire, né professionalmente né umanamente.
Il fenomeno dei bamboccioni è presente soprattutto nel Mezzogiorno, ove vi è una naturale propensione a non far nulla. Non è un caso che nella testa di tanti giovani e meno giovani vi sia il cosiddetto posto pubblico fisso, non tanto perché dà maggiori garanzie (praticamente l’illicenziabilità, anche se si è scadenti sul piano funzionale) quanto perché offre privilegi in termini contrattuali, irresponsabilità generalizzata, assenze dal lavoro macroscopiche, deroghe non ammissibili in molti casi per la cosiddetta legge 104 (assistenza ai parenti bisognosi) e così via.
I bamboccioni preferiscono essere mantenuti da genitori e nonni piuttosto che cercare sistematicamente una qualunque collocazione in aziende di ogni tipo, dalle grandi alle piccole per, come si usa dire, farsi le ossa. Ma così non è avvenuto e non avviene.
 

Ricordate la famosa opera di Samuel Beckett (1906 – 1989) Aspettando Godot? Vladimiro ed Estragone discutono, parlano e cazzeggiano, aspettando questo fantomatico Godot che, naturalmente non arriva. Dopodiché alzano i tacchi e se ne vanno.
Ecco, la chiacchiera, la lamentazione, il cazzeggio, sono comportamenti negativi che non approdano a nessun risultato.
Non solo i giovani dovrebbero mandare curricula ben fatti e ben scritti a migliaia, sia in Italia che all’estero, ma dovrebbero capire se le loro idee possano trasformarsi in imprese innovative, cioè le start up.
Non c’è solo l’attività dei talenti – che ci sono, emergono e hanno successo, sempre se lavorano duramente – ma anche la voglia di imparare il mestiere di artigiano, quello del piccolo imprenditore, del piccolo agricoltore.
Imparare un mestiere non significa improvvisarsi, ma studiare, capire i bisogni del mercato, prepararsi mentalmente ad essere capaci di soddisfare le richieste dei consumatori.

Ogni giovane che esce dalla maturità dovrebbe avere competenze tecniche di base, ovviamente teoriche. Se poi comincia subito a fare esperienze, dovunque e comunque, si prepara ad essere richiesto dal mondo del lavoro. Ma deve possedere dei requisiti.
In cima ai quali non c’è la competenza tecnica, bensì le cosiddette soft skills, cioè le competenze morbide. Di che si tratta? Della capacità di interagire con gli altri e di saper prendere decisioni. Sono tratti della personalità che migliorano il modo in cui una persona s’inserisce in un ambiente lavorativo.
Chi possiede le soft skills ha più probabilità di essere assunto. Per esempio, l’addetto al check-in in aeroporto può essere messo di fronte alla necessità di prendere decisioni in ordine ai bagagli, al tipo di cliente ed altro. è un piccolo esempio, ma chiarisce chi può far bene il proprio lavoro e chi no.
Infine, i giovani devono imparare che al primo posto vi è l’Etica del lavoro e poi la capacità di lavorare in gruppo, comunicare e risolvere problemi.
Lavorare è una cosa seria. Lavorare bene dev’essere un impegno costante.

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