Ferrovie siciliane, serve una cura da cavallo - QdS

Ferrovie siciliane, serve una cura da cavallo

Rosario Battiato

Ferrovie siciliane, serve una cura da cavallo

venerdì 12 Febbraio 2016

Firma del ministero dei Trasporti e di Rfi per l’aggiornamento del contratto di programma per gli investimenti nelle linee ferrate. Stanziati quasi 9 miliardi per l’aggiornamento del 2015 e previsti altri 8 per quello del 2016

PALERMO – Il paziente si chiama trasporto siciliano e avrebbe bisogno di un intervento radicale così come testimoniano, tra le altre cose, le cifre relative alla qualità delle infrastrutture ferroviarie isolane e ai giorni di ritardo registrati nel report di gennaio del comitato pendolari. Per i siciliani la speranza potrebbe risiedere nella “cura del ferro” che ieri ha mostrato le ultime cifre al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti con l’aggiornamento 2015 del contratto di programma tra Mit e Rfi 2012-2016. Una strategia rinfrancata da nuove risorse arrivate dalle Leggi di stabilità degli ultimi due anni e dal decreto Sblocca Italia: 9 miliardi già destinati all’aggiornamento 2015 (3,5 miliardi per gli ambiti regionali e 5,4 miliardi per sviluppo corridoi europei ten-t) e 8 miliardi che saranno presto oggetto dell’aggiornamento di quest’anno.
Diversi gli investimenti programmati in tutta Italia per dare “maggiore sicurezza – si legge nella nota di Rfi –, tecnologie di ultima generazione sui treni, nelle stazioni e lungo le linee, qualità e comodità per i viaggiatori, rapidità nei collegamenti, ma soprattutto un’attenzione particolare agli interventi sulle reti regionali e locali in favore degli spostamenti pendolari, e a ogni tipo di investimento utile a trasferire il trasporto merci dalla gomma al ferro”. Le linee illustrate dal ministro Delrio e relative all’aggiornamento dell’accordo di programma si aggiungeranno ai fondi per il Sud che giungeranno dal Pon Infrastrutture e Reti 2014-2020.
Cosa si può aspettare la Sicilia? Il punto di riferimento è certamente lo Scandinavo-Mediterraneo, uno dei quattro corridoi europei Ten-T che attraversano l’Italia, con le “relative tratte ferroviarie di accesso” e quindi “migliorare e potenziare le infrastrutture soprattutto nelle aree urbane per garantire servizi superiori in quantità e qualità, evitando che queste diventino “colli di bottiglia”; potenziare le strutture terminali “core” delle infrastrutture ferroviarie per rilancio del traffico merci intermodale”. Per l’alta capacità/velocità in Sicilia, l’unico riferimento è nella presentazione del ministero delle Infrastrutture che riporta “in avvio le opere anticipate sulle linee Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina”. Nell’Isola, stando agli ultimi aggiornamenti di Italferr, l’alta capacità non si vedrà prima del 2020.
Nel documento di presentazione di Rfi si riportano, inoltre, gli interventi per “ammodernamento infrastrutturale regioni obiettivo convergenza” per 96 milioni di euro e i collegamenti ferroviari con aeroporti per 31 milioni di euro (progettazioni Milano Malpensa, Venezia, Roma Fiumicino, Bergamo, Genova e realizzazione nuova fermata Catania Fontanarossa).
Certo non si tratta di numeri paragonabili ai 4,4 miliardi previsti per i lotti costruttivi dell’alta velocità (Milano-Verona; Verona-Padova; Nuovo Valico del Brennero; Terzo Valico dei Giovi) né al mezzo miliardo previsto per l’upgrading infrastrutturale delle linee Firenze-Roma, Roma-Napoli, Milano-Bologna, e per quello tecnologico di Genova-Ventimiglia. Oppure i 485 milioni per adeguare, in particolare, l’efficienza alla crescente richiesta di mobilità sulla direttrice Torino-Padova, sulla linea Bologna-Padova e nel nodo ferroviario di Napoli.

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