Il fine non raggiunto? C'è un errore nel mezzo - QdS

Il fine non raggiunto? C’è un errore nel mezzo

Carlo Alberto Tregua

Il fine non raggiunto? C’è un errore nel mezzo

mercoledì 17 Febbraio 2016
Un vecchio detto recita: “Il fine giustifica i mezzi”. Esso vale però se il fine è buono e giusto. Se il fine è un reato, un delitto contro le leggi etiche o umane, allora il mezzo non può essere assolutamente giustificato. Tuttavia vi è sempre una relazione fra mezzo e fine, soprattutto in campo organizzativo. Quando il primo non è idoneo, il secondo non si consegue. A rovescio, quando il fine non si consegue vuol dire che il mezzo non è idoneo.
Se tutti ragionassero e funzionassero in base a questo rapporto, sia l’economia che i servizi pubblici,  nonché quelli sociali, sarebbero più efficaci perché la crescita diventerebbe maggiore e con essa i benefici per tutta la Comunità.
Molti non si rendono conto del rapporto che vi è tra mezzo e fine, perché vanno avanti alla sans façon, cioè senza un modo ordinato di procedere. Il mezzo o metodo costituisce una sorta di binario su cui dovrebbero scorrere le attività di ognuno di noi. Ma questo quasi sempre non accade.

Prevedere, prevenire, provvedere: ecco tre verbi molto utili nella vita di tutti i giorni. Consentirebbero, se attuati, di affrontare gli eventi che ci vengono incontro, possibilmente preparati, in modo da cercare e trovare le soluzioni possibili atte a risolvere i problemi.
La maggioranza delle persone ha una mentalità negativa. è pronta a fare obiezioni e a trovare aspetti non funzionali alle soluzioni proposte da altri. Solo una minoranza ha una mentalità positiva, che prescinde dalle negazioni o dalle osservazioni (perché non propongono soluzioni) e cerca invece di approntare modi di fare e di agire idonei alla bisogna.
Se tutti coloro che operano nel versante del bene – tralasciamo di considerare i delinquenti in questa analisi – si ponessero in termini positivi, metterebbero nell’angolo tutti gli altri, che invece continuano a parlare per dare fiato alla bocca.
È vero che tutti noi siamo dotati di cervello, un po’ più pesante quello degli uomini rispetto all’altro delle donne, ma non è detto che il peso sia sintomo di qualità. Spesso un cervello piccolo funziona molto meglio di uno grande. Non è questione di quantità ma di qualità. Meglio un dito di ottimo vino che un litro di pessimo.
 

A Napoli dicono che vi sono persone la cui testa ha il compito di dividere le orecchie, ovvero la funzione di consumare shampo. è vero. Non costituiscono una quantità minoritaria, purtroppo.
Cos’è che fa crescere la capacità propositiva di ognuno di noi? I cromosomi? Certo. Ma di più la nostra voglia di  sapere, di far retrocedere la nostra ignoranza, di renderci utili al prossimo e a noi stessi.
Ci si rende utili, facendo e facendo bene, cioè utilizzando un mezzo o un metodo idoneo al fine che ci proponiamo.
Eccoci ritornati al punto di partenza: il binario ideale su cui camminare o correre per raggiungere le stazioni ideali secondo un cronoprogramma.
Sul percorso vi sono sempre incertezze, valutazioni sbagliate, eventi imprevisti e tante altre cause che ostacolano il nostro cammino. Ed è proprio per affrontare tutti questi eventi che ognuno di noi si deve formare una solida cultura e una solida preparazione, oltre che acquisire calma interiore.

Quanto scriviamo vale nel pubblico come nel privato, nel settore economico come in quello sociale, nel mondo delle imprese e in quello del volontariato. Esso ha la finalità di utilizzare al meglio le risorse umane, finanziarie e materiali di cui disponiamo per ottenere il massimo risultato possibile.
Tutto ciò è semplice, ma non è facile da attuarsi perché oltre ai saperi occorre una forte volontà, quasi diuturna: non arrendersi mai, rialzarsi dopo ogni caduta, superare o aggirare gli ostacoli che si presentano.
In fondo, si tratta di uno stile di vita che non riguarda solo il cibo o il movimento che dovremmo fare ogni giorno, ma anche le nostre attività lavorative e persino l’ozio che si può gustare con lentezza e intensità.
Bertrand Russel (1872-1970) e Robert Louis Stevenson (1850-1894) l’hanno spiegato nei loro Elogio dell’ozio. John R. Perry (1943) l’ha descritto ne La nobile arte del cazzeggio. Lamberto Maffei (1936) l’ha spiegato nel suo Elogio della lentezza.
Intensa attività e ozio vissuto sono due componenti fondamentali del vivere bene. Pensiamoci!

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