Questo è il cuore del problema: decapitare la spesa corrente, piena di sprechi e di sperperi, colma di inefficienze e di squilibri, generatrice di corruzione ed evasione. La nemica del popolo italiano è la spesa corrente, generata senza controllo da parte di una burocrazia ammalata e del tutto screditata.
Le inchieste di polizia giudiziaria di quest’ultimo anno sulle malversazioni della Pubblica amministrazione hanno fatto aumentare il sentimento di odio e il disgusto della popolazione nei confronti della burocrazia, perché cittadini e imprese sperimentano sulla loro pelle, ogni giorno, le disfunzioni.
La diatriba fra Istat e Mef sull’aumento del Pil nel 2015 (0,6 o 0,7 per cento) è stucchevole. Infatti un punto di Pil è fra i quindici e i sedici miliardi di euro, cosicché lo 0,1 per cento è pari a 1,5 miliardi, del tutto insignificante in un’economia che produce oltre 1.600 miliardi di Prodotto interno lordo.
La verità è che la macchina pubblica ha gli ingranaggi arrugginiti, sempre più arrugginiti; cosicché il suo funzionamento è continuamente rallentato e prima o dopo finirà per fermarsi.
Il blocco della macchina pubblica significa il blocco dell’economia, perché quasi tutte le attività, in qualche modo, devono confrontarsi con la burocrazia.
Quando si parla di tagliare la spesa corrente vi è tanta gente in malafede che si riferisce al taglio dei servizi assistenziali necessari a tanti cittadini bisognosi. Non è lì che si deve intervenire, ma nel personale inutile, che prende stipendi senza nulla rendere, nell’acquisto di beni e servizi, molto spesso senza dare l’appalto, cioè in affidamento agli amici degli amici, nella disfunzione dei servizi, nell’assenteismo, nello scarso rendimento medio dei pubblici dipendenti.
Tutto questo è noto ai cittadini.
Il monito di Draghi, tagliate le tasse, non può realizzarsi senza tagliare la spesa corrente. Tuttavia un taglio seppur modesto già è intervenuto sull’Irap, un altro taglio è intervenuto quest’anno sull’Imu prima casa e il governo ha programmato un altro taglio, nel 2017, sull’Ires, da portare al 24,5 per cento, cioè con una diminuzione di tre punti.
Per aumentare gli investimenti bisogna avere una macchina pubblica che funzioni. Infatti i rapporti con Bruxelles sono tenuti dalle burocrazie statali, regionali e locali. A Bruxelles bisogna mandare progetti cantierabili, che rispettino tutte le norme dei regolamenti europei, che vanno conosciute e applicate con competenza e professionalità, requisiti che mancano ai burocrati italiani.
Non si spiega infatti come non vengano utilizzati tutti i fondi europei, come fanno Lituania e Polonia. Ancora più grave è il comportamento delle Regioni meridionali, che perdono quasi la metà dei fondi europei per incapacità tecnica ed anche perché non riescono a co-finanziarli.
Il governo Letta ha istituito l’Agenzia per la Coesione, la cui direttrice Maria Ludovica Agrò, venuta nel nostro forum pubblicato il 4 luglio 2015, sta lavorando per far funzionare le burocrazie delle Regioni. Ma finora, anche per le resistenze trovate, i risultati non sono stati incoraggianti, soprattutto al Sud.
Bisogna investire, investire e investire tutte le risorse disponibili in opere pubbliche e attrazioni dei capitali esteri.
Ascoltiamo Draghi o precipiteremo ancora.