L'Italia riparte se parte il Sud - QdS

L’Italia riparte se parte il Sud

Carlo Alberto Tregua

L’Italia riparte se parte il Sud

venerdì 26 Febbraio 2016

Da zavorra a propulsore

L’annessione del Sud al Regno di Sardegna e Piemonte, avvenuta nel 1861, ha trasformato questa parte di Paese da traino a zavorra, perché è stato derubato di tesori custoditi nel Banco di Napoli e Banco di Sicilia, di industrie che si trovavano in Calabria, con la sottrazione di concessioni alle imprese di trasporto sicule e campane e l’asportazione di tesori archeologici e artistici.
A fronte di quanto precede, il nuovo Stato italiano – la cui prima riunione del Parlamento si svolse il 18 febbraio del 1861, nei locali di Palazzo Carignano, a Torino – ha cominciato a fare investimenti di infrastrutture e di attività produttive nel Centro-Nord, dimenticando il Sud.
A distanza di 155 anni, la fotografia presenta otto regioni del Nord con un livello economico ampiamente nella media europea, alcune regioni del Centro che si trovano leggermente al di sotto, e le regioni del Sud che annaspano con l’acqua alla gola. Fanno eccezione Puglia e Abruzzo, che sono riuscite a migliorare la loro condizione socio-economica.

Il vulnus più grave del Sud è il tasso infrastrutturale. Con porti e aeroporti che funzionano male, in quanto non sufficientemente competitivi, senza strade ferrate, con l’alta velocità che si ferma a Salerno, con un complessivo stato delle strade statali e provinciali in degrado, senza autostrade degne di questo nome, con scarsezza di interporti e autoporti e senza banda larga, il Sud non può svilupparsi.
È noto, infatti, che soltanto con efficienti reti, materiali e immateriali, con una logistica funzionante, il tessuto economico ha il necessario supporto per girare a regime.
I governi di questi settant’anni post guerra hanno tentato, con la Cassa del Mezzogiorno, di fare decollare il Sud, ma la classe politica ha chiuso gli occhi sulla corruzione estesa che ha impedito alle cospicue risorse finanziarie di arrivare nei territori, con il risultato, appunto, che le infrastrutture sono molto arretrate.
Il Sud, dunque, è diventato la zavorra del Paese. Se la crescita è stata, nel 2015, dello 0,6 o 0,7% (lo sapremo fra poco), nessuno ha ancora detto quant’è stata la crescita notevole delle otto regioni del Nord, certamente più del doppio, e quante regioni del Sud sono andate sotto zero, cioè rimaste in recessione.
 

La questione è come trasformare la zavorra-Sud in propulsore-Sud. Gli assi sono almeno quattro: infrastrutture, turismo, agricoltura innovativa e servizi avanzati. Analizziamoli.
Per la costruzione delle infrastrutture, di cui al sommario elenco che precede, è opportuno indebitarsi, secondo la teoria keynesiana. Ma recuperare anche risorse dal taglio della spesa corrente, che continua a sprecare soldi dei cittadini per alimentare privilegi e favoritismi. L’apertura dei cantieri, inoltre, consentirebbe l’occupazione di centinaia di migliaia di lavoratori.
L’altro asse riguarda il turismo. Con le ricchezze paesaggistiche, archeologiche, artistiche e di ogni tipo che possiede il Meridione e con un Piano di attrazione dei turisti da tutto il mondo, si potrebbe raddoppiare il Pil settoriale, anche qui con un aumento enorme di occupati.

Il terzo asse riguarda l’agricoltura innovativa, quella che produce cibo di qualità e, soprattutto, alimenti biologici, per i quali il mercato dei consumatori è molto sensibile. Infatti, le aziende che si sono specializzate in questo versante stanno avendo un notevole successo economico e assorbono manodopera qualificata in quantità sempre maggiore.
Il quarto asse è quello dei servizi avanzati, costituiti da tutte le attività immateriali ad alto valore aggiunto. In questo versante, lo Stato è carente, perché investe appena l’1% in ricerca (la metà della media europea) con la conseguenza che il numero dei brevetti italiani è molto basso. Senza brevetti, non ci sono servizi e prodotti innovativi.
Lo Stato non supporta adeguatamente la nascita delle start-up, perché la sua burocrazia non è in condizione di creare un terreno fertile a ciò che i cittadini con idee e impulsi nuovi possono tentare di trasformare in impresa.
Non ci dilunghiamo sulle cose da fare. Tutti le conoscono. Si dice che ci vuole la volontà politica. Diremmo che ci vuole la capacità politica.
Un dato è certo: se il Sud non si trasforma da zavorra a propulsore, l’Italia non ripartirà. Non solo, ma rischia di affondare definitivamente.

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