Lotta alla corruzione non alle farfalle - QdS

Lotta alla corruzione non alle farfalle

Carlo Alberto Tregua

Lotta alla corruzione non alle farfalle

martedì 01 Marzo 2016

Impianto accusatorio solido

Un siciliano osservava: “Il M5S non ha i numeri per guidare la Sicilia”. L’altro gli rispondeva: “Certo, gli mancano ottanta indagati”. La battuta è sintomatica della degenerazione nella politica che vede sempre più coinvolti responsabili di istituzioni nazionali, regionali e locali che, approfittando del loro ruolo, lucrano a spese dei cittadini.
Come si fa a fermare questa corruzione dilagante nel ceto politico? Bisognerebbe che i partiti fossero regolati per legge, in quanto l’art. 49 della Costituzione prevede che i cittadini possano associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Ma come vi può essere il metodo democratico se non vi sono regole certe da osservare, per evitare privilegi, disfunzioni, favoritismi ed altre forme degenerative?
Renzi ha gettato l’ennesimo amo: occorre una legge per disciplinare i partiti, in modo che tutti funzionino alla stessa maniera. Il M5S si è subito ribellato pensando che tale legge possa diventare una camicia di forza. Ma sbaglia.

È interesse dei cittadini che vi sia una legge che disciplini i partiti, che renda trasparenti le fonti di finanziamento, che cambi anche l’art. 67 della Costituzione, che svincoli dal mandato e che, invece, obblighi chi è eletto a restare nel partito da cui ha preso i voti, oppure a dimettersi dal Parlamento.
In questa legislatura, circa 250 parlamentari hanno cambiato casacca. Pur essendo tale comportamento perfettamente legittimo, è socialmente e politicamente vergognoso, perché consente il mercato delle vacche nel quale ogni parlamentare agisce prima per il proprio interesse e poi per quello generale.
La debolezza del ceto politico non consente un rigoroso controllo della burocrazia, affinché essa funzioni con efficienza, senza favoritismi, per rendere a tutti i cittadini di qualunque ceto sociale i servizi di cui hanno bisogno, soprattutto a quelli più deboli.
L’inefficienza della burocrazia nasconde spesso la corruzione. Un funzionario regionale teneva i fascicoli sul proprio tavolo in attesa che qualcuno gli telefonasse per farli procedere. è un grave sintomo di malessere, bilanciato dai comportamenti onesti di tanti altri funzionari pubblici che tengono al loro decoro e alla loro reputazione.
 

Ma, si sa, la moneta cattiva scaccia la moneta buona, dice la nota legge economica di Thomas Gresham (1519-1579). Così, la cattiva burocrazia getta un’ombra di malcostume su quella parte buona che lavora seriamente per servire i cittadini. Ma i bravi burocrati hanno una grave responsabilità: non reagiscono e non denunziano i cattivi comportamenti dei loro colleghi; con ciò, diventandone conniventi.
Leggevo una battuta che vi riporto: Arrestato un impiegato regionale (non si sa di quale regione) che si toglieva le caccole dal naso. Poveraccio – esclama un cittadino – hanno arrestato l’unico che almeno faceva qualcosa.
Perché non funziona la Pubblica amministrazione? Le cause sono almeno due. La prima riguarda l’impianto normativo fatto di leggi, decreti, regolamenti, circolari ed altro, che è complicato e farraginoso; cosicché rende possibile qualunque  malversazione. La seconda riguarda la sindacalizzazione esasperata dei pubblici dipendenti, che continuano a reclamare diritti senza invece mettere al primo posto i doveri.

Procure e Forze dell’Ordine rendono un grande servigio alla Comunità indagando continuamente nel settore pubblico e scovando, altrettanto continuamente, fenomeni di corruzione grande, media e piccola. Non sempre l’impianto accusatorio è probante, ma quasi sempre regge davanti alla Magistraturea giudicante.
Tuttavia, la barriera di Procure e Forze dell’Ordine non può scoprire il vaso di Pandora diffuso in centinaia di migliaia di pubblici uffici di tutti i livelli, nonché in quelli delle ottomila partecipate pubbliche, che hanno alle loro dipendenze oltre un milione di persone.
Né serve la notevole e qualificata attività dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), presiduta dall’ottimo magistrato Raffaele Cantone, venuto al nostro forum pubblicato il 12 aprile 2015, perché la sua azione non può essere capillare.
Serve che ogni ente abbia gli anticorpi, più volte descritti in questi editoriali.

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