Processi eterni a danno dei cittadini - QdS

Processi eterni a danno dei cittadini

Carlo Alberto Tregua

Processi eterni a danno dei cittadini

sabato 12 Marzo 2016

La Consulta taglia la Pinto

Una canzone di Francesco De Gregori dice: “Cercavo Giustizia, ho trovato la legge”. La verità nei processi, infatti, non è sempre la verità vera. Ecco perché i magistrati giudicanti hanno sempre di più l’onere di interpretare i fatti rispetto alle prospettazioni che le parti gli sottopongono.
Le argomentazioni dell’accusa e della difesa dovrebbero essere poggiate sempre su dati reali ed incontrovertibili, evitando le suggestioni e l’esposizione di elementi controversi che non abbiano totale riscontro con i fatti stessi.
La lentezza dei processi italiani di ogni tipo è una delle cause della grave crisi del nostro Paese. Mancano circa mille magistrati nell’organico, una parte di essi fa altre attività, le sentenze spesso sono molto ampie e diventano trattati.
Ma, quello che più nuoce alla durata ragionevole dei processi è la scarsa dotazione dell’apparato amministrativo e delle cancellerie. Non si capisce perché il trasferimento di tutti i dipendenti delle ex Province verso l’apparato della Giustizia proceda tanto lentamente.

La Corte costituzionale, con sentenza n. 36 del 13 gennaio 2016, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2-bis della legge Pinto (89/2001)
La Consulta afferma che non è più possibile attendere tre anni per chiudere il primo (e unico) grado di merito previsto per il procedimento sull’equa riparazione ai cittadini, vittime di una Giustizia lentissima. Ecco perché ha dichiarato illegittimo l’articolo indicato, per violazione degli artt. 111, comma 2 e 117, comma 1 della Costituzione.
Dunque, non è più di tre anni il tempo considerato ragionevole per la durata del procedimento, ma due, in modo da uniformare la legislazione nazionale alla Cedu (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, articolo 6, paragrafo 1).
Il ministro della Giustizia, Andrea  Orlando ha dichiarato che ad oggi sono stati liquidati 700 milioni di indennizzi per l’irragionevole durata dei processi. Tali indennizzi, però, gravano sui cittadini che chiedono Giustizia perché hanno portato all’aumento del contributo unificato, cioè quella tassa che si paga per entrare nel perimetro della Giustizia, quando si inizia una causa.
 

Spaventato dall’enorme indennizzo – che verosimilmente aumenterà perché non si vede un’accelerazione dei processi con la loro conseguente minor durata – nella legge Omnibus di Stabilità 2016 (208/2015), il Governo ha introdotto il comma 777 con il quale ha posto alcuni paletti e nuovi parametri di ristoro.
Ovviamente, la legge è applicabile ai procedimenti iniziati dopo il 1  gennaio 2016, mentre per i procedimenti in vita, rimangono in vigore le precedenti norme.
I paletti consistono nella richiesta di passaggio da rito ordinario a quello sommario entro il termine dell’udienza di trattazione; quando il rito sommario non può essere applicato, occorre presentare istanza di decisione dopo la trattazione orale.
Nel processo penale deve essere presentata istanza di accelerazione almeno sei mesi prima dello spirare dei termini previsti per ogni grado di giudizio della legge Pinto (tre anni per il primo grado, due per l’appello e uno per la Cassazione). Ma come prima scritto, la sentenza della Consulta prima indicata ha riformato indirettamente questa parte. 

Nel giudizio amministrativo occorrerà presentare istanza di prelievo, nel procedimento contabile occorrerà produrre istanza di accelerazione sei mesi prima, nel processo davanti alla Cassazione i mesi di anticipo dovranno essere due. Senza questi atti, non potrà essere richiesto il risarcimento per l’irragionevole durata.
La legge 208/15 ha dato un taglio netto alle somme liquidabili: per ogni anno in più di durata il minimo varierà da 400 a 800 € per anno, mentre prima era da 500 a 1500 €, ma ove la durata diventasse eccessiva sarebbero possibili incrementi.
La richiesta va proposta al Presidente della Corte d’Appello del Distretto dove ha sede il giudice del primo grado, sulla base di modelli che saranno approvati da ministeri Giustizia ed Economia.
Però, nonostante quanto affermato dalla citata legge 208/15, i cittadini potranno ricorrere alla Cedu che stabilirà il risarcimento nella misura prevista dalla citata Convenzione, ben superiore a quella ridotta introdotta dal Governo con la legge di Stabilità.

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