Sì alle tasse no agli sperperi - QdS

Sì alle tasse no agli sperperi

Carlo Alberto Tregua

Sì alle tasse no agli sperperi

martedì 22 Marzo 2016

Tagliare le partecipate pubbliche

L’ex commissario alla revisione della spesa, Carlo Cottarelli, e i suoi successori avevano previsto un taglio della spesa corrente tra i sessanta e i settanta miliardi nel 2014 e 2015. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, invece, ha comunicato che la riduzione della spesa per gli stessi anni è stata, complessivamente, inferiore a 25 miliardi.
La più grave omissione nella programmata riduzione riguarda le partecipate pubbliche di tutti i livelli, delle quali non vi è un censimento preciso, ma sono stimate nel numero oscillante fra otto e diecimila. Eliminare tali partecipate pubbliche significa eliminare le relative perdite, intorno a venti miliardi.
Si capisce che vi sia una forte resistenza da parte degli enti pubblici chiamati a chiudere tali partecipate, perché verrebbe meno quel filone clientelare portatore di voti e di consensi, che ha alimentato negli ultimi decenni un ceto politico debole, incapace di grandi progetti di interesse generale.

La crisi che ha colpito l’Italia è stata più grave di quelle che hanno colpito gli altri Paesi europei, perché molto indebitata e incapace di stornare la spesa corrente per girarla a spesa di investimenti e opere pubbliche.
Più grave è il fatto chiarissimo che il nostro Sud è stato più penalizzato dalla crisi, avendo un tessuto sociale ed economico gracile. Cosicché la forbice si è allargata e anche quando è cominciata la ripresa, mentre le regioni del Nord stanno crescendo, quelle del Sud continuano a regredire.
Il peggio è che la povertà nel Meridione alimenta ancora di più l’attività di un ceto politico modesto, perché il bisogno delle classi meno abbienti è alimentato dalla speranza vana che, appunto, i politici meridionali continuano a dar loro.
La situazione del Mezzogiorno è sempre più drammatica, fatte salve due regioni bene amministrate, quali Puglia e Basilicata, che stanno crescendo in linea con le consorelle del Nord. Ma Campania, Sardegna, Calabria e Sicilia soffrono e vedono aumentare il numero di poveri in maniera esponenziale.
Ed è proprio questo il dramma più grande: la diffusione della povertà.
 

La direttrice dell’Agenzia delle Entrare, Rossella Orlandi, ha comunicato che nel 2015 si sono recuperate imposte per 15 miliardi, con un incremento di 1 miliardo rispetto all’anno precedente.
Un buon traguardo, che può essere nettamente migliorato per almeno due ragioni: la prima riguarda il buco nero dell’evasione, stimato in oltre 100 miliardi; la seconda riguarda la possibilità di estendere le indagini degli ispettori dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza a tutto il sistema bancario che, ormai, non ha più segreti di sorta.
Il che è un bene, perché cittadini e imprese che stanno nell’alveo delle leggi, non possono avere nulla da temere dai controllori, i quali devono seguire, però, le regole etiche dell’equità, della ragionevolezza e della proporzionalità.
La stessa Orlandi, con una propria direttiva, ha chiesto ai propri uffici di stornare l’attenzione da questioni formali e puntare sempre alla sostanza.

È giusto ed onorevole pagare le tasse, ma esse debbono essere spese con il buon senso del pater familias, perché comunque costituiscono un sacrificio per i contruibuenti.
Non è bello pagare le tasse, come sosteneva l’ex ministro dell’Economia, Tommaso Padoa Schioppa, ma è giusto che ogni cittadino ottemperi  ad esse in osservanza all’articolo 53 della Costituzione.
Tuttavia, vi deve essere sempre un bilanciamento tra imposte e spese, per cui cittadini e imprese che le pagano regolarmente, devono essere confortati che i loro sacrifici siano indirizzati verso la crescita, lo sviluppo, la nuova occupazione e la solidarietà nei confronti dei cittadini gracili.
È evidente a tutti, però, che non si produce ricchezza se non vi è nulla da distribuire; quindi, primario obiettivo è proprio questo e solo dopo interviene il principio della solidarietà.
Sì alle tasse, no agli sperperi, che sono insopportabili per chi è già onerato da problemi di ogni tipo e, soprattutto, dalle costanti angherie di una burocrazia miope e disfattista.

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