La rivoluzione dei beni culturali in Sicilia - QdS

La rivoluzione dei beni culturali in Sicilia

Isabella Di Bartolo

La rivoluzione dei beni culturali in Sicilia

venerdì 25 Marzo 2016

La Finanziaria votata all’Ars impone al dipartimento regionale una riduzione dei servizi da 297 a 207 in 9 province siciliane. I punti salienti: Nuovi Poli regionali; Cambi tra gli uffici di Soprintedenze e musei; Snellimento e semplificazione della conduzione degli istituti; Spostamento dei custodi sulla base di esigenze

PALERMO – La Finanziaria votata dal governo regionale impone anche al dipartimento regionale dei Beni culturali e dell’ identità siciliana il taglio dei dirigenti delle sue unità operative pari al 30%. Ciò si traduce in numeri nella riduzione da 297 a 207 servizi nelle 9 province come conferma il direttore generale dei Beni culturali ma qualcuno dei soprintendenti storce il naso davanti alla rivoluzione dei beni culturali tra gli uffici di Soprintendenze e museo.
 
Qualcuno invece preferisce evitare di commentare attendendo la nascita del nuovi Poli regionali e, dunque, il nuovo assetto dei poteri e delle mansioni. Su questo il dirigente generale dei Beni culturali, Gaetano Pennino, interviene con forza: “Siamo funzionari di una pubblica amministrazione e non dovremmo gestire potere.
Il nuovo assetto gestionale è previsto dalla legge e risponde a criteri di snellimento e semplificazione della conduzione degli istituti a partire, per esempio, dal personale di custodia. Con la creazione dei Poli si potranno far spostare i custodi sulla base delle esigenze delle singole aree archeologiche e dei musei appartenenti dunque a uno stesso organismo di gestione. La programmazione sarà più snella”.
La soprintendente di Agrigento, Caterina Greco, evidenzia come si tratti di “accorpamenti e tagli lineari, dentro una struttura asfittica del territorio visto ancora dentro i confini delle province, secondo la vecchia concezione del Novecento. Non reggerà domani o dopodomani alle nuove aggregazioni dei consorzi e delle aree metropolitane”.
 
Per Francesca Spatafora, direttrice del museo Salinas: “Non è una diminutio sotto il profilo amministrativo perché sostanzialmente il museo Salinas, come il museo “Paolo Orsi” di Siracusa, diventano realtà centrali a cui si aggregano gli altri anche dal punto di vista organizzativo”.
 
Da Ragusa, il soprintendente Calogero Rizzuto, evidenzia: “Il nuovo assetto prevede un miglioramento dal punto di vista organizzativo e amministrativo. Dal punto di vista pratico avrò 5 unità di servizio invece delle attuali 10, ciò significa che alcuni dirigenti avranno un carico maggiore di lavoro rispetto a prima e lo stesso stipendio. In merito all’ autonomia dei parchi, per la provincia di Ragusa si prevede un miglioramento della gestione perché oggi abbiamo il museo archeologico di Ragusa a se stante come quello di Kamarina con un numero di personale che a volte è troppo e altre è troppo poco”. Sulle mansioni e la differenza di ruolo tra soprintendente e direttore del polo: “Io mi occuperò della tutela e il direttore del Polo si occuperò di valorizzazione e fruizione. Compiti distinti e separati”.
Critiche da Rosalba Panvini, soprintendente di Siracusa: “Un assetto ancora tutto in discussione che non tiene conto della nuova organizzazione delle province. La Soprintendenza di Siracusa risulta la più penalizzata perché tutte le aree archeologiche saranno sottratte alla sua gestione”.
 
Mentre Emanuele Turco, direttore del museo di Gela, accenna alla suddivisione che stride con la nascita delle aree metrpolitane. “Il discorso è provinciale e non tiene conto delle novità legate alle aree metropolitane. Il nostro lavoro è di gestire il patrimonio e e per quanto riguarda il Polo di Caltanissetta esso prevede insieme anche il Parco archeologico di Caltanissetta e il museo di Gela, a cui si aggiunge anche il museo di Caltanissetta. Gela non viene messa da parte ma diventa un punto di privilegio ma non sappiamo ancora se la sede del polo sarà a Caltanissetta o a Gela, nemmeno a Palermo lo sanno. Si potevano fare altre scelte culturali ma non spetta a me dirlo”.
 

 
Il ministero dei Beni culturali copia la Sicilia
 
Mentre la Sicilia attende di far fruttare il suo patrimonio mettendo in pratica le sue stesse leggi, il Ministero ai Beni culturali “copia” il modello siciliano con la nascita delle super-Soprintendentenze. “Un atto – ha spiegato il ministro Dario Franceschini – con cui il nostro ministero viene ridisegnato a livello territoriale per rafforzare i presidi di tutela e semplificare il rapporto tra cittadini e amministrazione.
Le nuove soprintendenze parleranno con voce unica a cittadini e imprese riducendo tempi e costi burocratici”. La nuova articolazione territoriale, realizza una distribuzione dei 41 presidi di tutela più equilibrata ed efficiente che è stata definita tenendo conto del numero di abitanti, della consistenza del patrimonio culturale e della dimensione dei territori: 39 soprintendenze uniche a cui si sommano le 2 Soprintendenze speciali del Colosseo e di Pompei. “La Sicilia è in anticipo rispetto al ministero – ha commentato Giuliano Volpe, presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali del MiBact e docente accademico – perché la sua suddivisione affidata alle Soprintendenze è su base territoriale e ciò significa legare la gestione al luogo in cui viene svolta. Il problema è l’ ingerenza della politica”. Che questa sia la strada giusta da seguire lo mostra anche il secondo atto del ministro Franceschini che insieme con il decreto di riorganizzazione del Mibact annunciato alla presenza del presidente del consiglio, Matteo Renzi, ha firmato un decreto che amplia la mappa dei musei e dei luoghi della cultura affidati alla gestione dei Poli museali regionali. “Appunto come accade in Sicilia – ha aggiunto il presidente Volpe – che deve ripartire da se stessa”.

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