Ma il Ponte No. Perché? Perché No - QdS

Ma il Ponte No. Perché? Perché No

Carlo Alberto Tregua

Ma il Ponte No. Perché? Perché No

venerdì 25 Marzo 2016

Infrastrutture al Nord, zero al Sud

Brennero, Milano-Verona, Milano-Chiasso: sono tre infrastrutture su ferro per cui il Governo ha stanziato 4 miliardi. Altri 2 miliardi sono stati stanziati per la Torino-Lione e un miliardo per il completamento delle paratoie del Mose di Venezia.
Siamo ben lieti di assistere a questo attivismo del Governo, che potenzia le infrastrutture del Nord e soprattutto i collegamenti con l’Europa (Austria, Germania, Svizzera e Francia).
Non può essere elevata alcuna lamentela né protesta per tutto quello che il Governo spende in infrastrutture. Tuttavia, non possiamo non rilevare l’assenza di altrettanto attivismo per piani di infrastrutture nel Sud Italia, che è fortemente carente di esse.
Com’è noto, sono proprio le infrastrutture la base per fare funzionare l’economia, il commercio, l’industria, i servizi, l’artigianato e consentire la nascita di start-up, il cui sviluppo significa nuove imprese, nuova ricchezza e, dunque, nuova occupazione.

Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha messo la faccia sulla Salerno-Reggio Calabria, intervenendo alla cerimonia di abbattimento dell’ultima intercapedine della galleria di Mormanno e comunicando che il 22 dicembre tutta l’autostrada sarà completata.
Ma questo non è vero, perché nella sua ristrutturazione non si tiene conto che circa 60 chilometri sui 440 non verranno toccati, lasciando in essere una sorta di budello pericolosissimo chiamato autostrada.
Il rifacimento della Salerno-Reggio Calabria alla fine costerà 10 miliardi, dopo oltre 11 anni di lavori. Se i Governi dell’epoca avessero fatto un bando internazionale per costruirne un’altra, anche in galleria, probabilmente i cinesi avrebbero acquisito l’appalto e finito l’opera da anni, con un costo nettamente inferiore. Così ha fatto l’Algeria e così sta facendo il Marocco.
Ma questo modo di agire concreto è lontano dalla mentalità dei nostri politici, i quali tengono conto di tante altre questioni che prescindono dai progetti.
Questa è la iattura del comportamento delle istituzioni nazionali e locali, che non agiscono in grande, ma solo mettendo pezze sulle crepe quotidiane.
 

Renzi ha detto che nei prossimi anni porrà la sua attenzione alla costruzione del Ponte sullo Stretto. Evidentemente ha intuito il grande effetto moltiplicatore sull’economia del Paese che avrebbe la costruzione di questo manufatto non certo più importante del raddoppio del Canale di Panama, effettuato da un’impresa italiana, e non certo più importante del raddoppio del Canale di Suez.
Costruire il Ponte sullo Stretto è importante e indifferibile perché costituisce l’essenziale anello di congiunzione fra le autostrade e i binari che arriveranno a Villa San Giovanni e le autostrade e i binari che partiranno da Messina verso il Sud e l’Ovest della Sicilia.
Sarebbe controproducente avere un treno veloce che in meno di quattro ore vada da Roma allo Stretto ed essere costretti ad attendere una o due ore per attraversarlo.
Ma poi, il Ponte è parte integrante del Corridoio Helsinki–La Valletta, quindi assurge a ruolo di infrastruttura europea e non soltanto dell’Italia meridionale.

Il Ponte avrebbe anche la funzione di attrazione di investimenti a livello mondiale, oltre che dell’interesse di milioni di turisti che accorrerebbero nel Meridione e in Sicilia anche per questa ragione.
Senza contare che durante la sua costruzione, prevista in 6/8 anni, si attiverebbero 10 mila posti di lavoro, molti dei quali ad alta competenza tecnologica, con una positiva ricaduta su commercio, ospitalità, artigianato e turismo delle due regioni.
Si continua a dire che il Ponte è costoso per le casse pubbliche, ma si omette di ricordare che l’intervento dello Stato è limitato a 2,5 miliardi perché i restanti 5,5 miliardi sarebbero a carico della concessionaria che recupererebbe l’investimento attraverso i pedaggi nella durata di quarant’anni. La stessa concessionaria che ha firmato il contratto con lo Stato e se non dovesse eseguirlo avrebbe il diritto di chiedere un risarcimento fino a un miliardo.
La questione è quindi tra la probabilità di pagare un miliardo a fondo perduto o 2,5 per costruire l’opera.
Perciò è incomprensibile il No al Ponte. Perché non costruirlo? Perché No!

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