Per carità, nulla da ridire nei confronti della mitica figura del professore, politologo di fama internazionale che ci ha illuminato con la sua brillante teoria della democrazia e dei sistemi partitici e ci ha insegnato il pluralismo polarizzato e l’atomizzazione. Ma accettare tacitamente in un assordante silenzio le “sentenze” contenute nell’articolo in questione mi sembrerebbe delittuoso.
Questi i passaggi salienti del feroce “dispositivo” che inchioda alle sue responsabilità il Mezzogiorno d’Italia sempre più vittima dell’ingiustizia: l’Italia è sempre stata divisa tra un Nord più ricco e più pulito e un Sud clientelare e povero; il Sud non vuole l’indipendenza perché dipende dai soldi che riceve da Roma (la domanda sorge spontanea, quali?); finora il Nord ha accettato sia pure con crescente malavoglia di sovvenzionare il Sud; il voto del Sud è particolarmente inquinato da mafie, clientelismo e corruzione e chi più ne ha più ne metta.
Naturalmente il quadro a tinte fosche, viene ancor più aggravato dalla immancabile presenza di un leit motiv trito e ritrito, utilizzato a gogo in questi anni da certa stampa di regime pronta a immolare sull’altare la solita vittima sacrificale, vergine, pura, impotente: mi riferisco a quella antica questione meridionale spesso dibattuta a sproposito e addirittura oggi riscoperta da vecchi e nuovi protagonisti della vita politica italiana – da Ciriaco de Mita a Michele Emiliano passando per Adriana Poli Bortone per intenderci – che si innamorano, folgorati, di un argomento forse finalmente tornato all’ordine del giorno nel dibattito quotidiano della nostra Nazione.
E noi, noi terroni, che cosa dovremmo fare o pensare di fronte all’ennesima, gratuita offesa alla nostra intelligenza, alla nostra dignità? Noi, orgogliosi figli di questo maltrattato Meridione, povero e sconquassato, abbiamo il dovere morale – senza avere paura di incappare nel reato di lesa maestà – di rispedire al mittente le consuete accuse generiche, ingiuste, insensate provenienti dai soliti benpensanti che, addentrandosi in improbabili quanto frettolose analisi sociologiche, ci condannano sommariamente inaudita altera parte. Ma insomma, ora basta.
Eresie.
E che dire allora di Curzio Maltese, che proprio sotto l’articolo di Bocca sparava a zero contro il ponte sullo stretto, senza avere la minima idea di quali vantaggi, quali benefici potrebbe avere la nostra martoriata terra dalla realizzazione di un’opera del genere. Prendano atto invece lorsignori che la scientifica disattenzione dei Governi che si sono succeduti nel tempo nel nostro Paese dal dopoguerra a oggi – tutti, nessuno escluso – ha determinato di fatto un’incresciosa e ormai non più sostenibile condizione di arretratezza economica, infrastrutturale, e sociale che ha gravato enormemente sul futuro di un pezzo di Nazione da tanti osteggiata, dimenticata, disconosciuta quasi fosse una vergogna essere nato a Napoli o essere cresciuto a Catania.
Errare humanum est, perseverare diabolicum.
Giuseppe Arena
Deputato regionale Mpa