Agricoltura siciliana tra crisi e sommerso - QdS

Agricoltura siciliana tra crisi e sommerso

Michele Giuliano

Agricoltura siciliana tra crisi e sommerso

mercoledì 06 Aprile 2016

Un lavoratore su tre è in nero, esiste poi il fenomeno del caporalato e nemmeno le norme pensionistiche soddisfano. A fare l’elenco degli effetti negativi che stanno colpendo il comparto sono stati Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil Sicilia

PALERMO – Altro che crisi: l’agricoltura siciliana è certamente colpita dalla congiuntura economica sfavorevole degli ultimi anni ma sono altri i fenomeni che incidono nella debacle di un settore che non riesce più a vedere la luce in fondo al tunnel.
Questi fenomeni sono il lavoro nero, il caporalato, l’agromafia ma anche le attuali norme che regolano il settore. A fare l’elenco degli effetti negativi che stanno colpendo il comparto Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil Sicilia che hanno consegnato agli assessori regionali all’Agricoltura e al Lavoro un documento che contiene le loro proposte per superare la crisi dell’agricoltura siciliana, salvaguardare l’occupazione e rendere il settore competitivo.
Al governo regionale i sindacati chiedono “nuove norme sul mercato del lavoro per combattere il lavoro nero, lo sfruttamento e il caporalato e di destinare le risorse del Piano di sviluppo rurale alle aziende che accorciano e gestiscono la filiera agroalimentare e rispettano le leggi e i contratti di lavoro”.
Il lavoro sommerso riguarda il 32 per cento del totale dei dipendenti del settore agricolo, di cui circa 100 mila sono sottoposti a gravi forme di sfruttamento e costretti a vivere in insediamenti malsani e fatiscenti. Da Nord a Sud della penisola questo sfruttamento avviene principalmente in agricoltura, senza considerare altri settore lavorativi come edilizia, ristorazione, ecc… Numeri riportati nel rapporto “#FilieraSporca” che mette in evidenza soprattutto la Sicilia in questo contesto negativo.
 
Lo stesso rapporto ha denunciato che nelle campagne catanesi, dove si raccolgono le arance che finiscono nelle nostre bibite, il 40 per cento dei lavoratori è in nero: negli agrumeti lavorano 5 mila stranieri, di cui 2 mila romeni. La media è 10 ore di lavoro e il 50 per cento del salario va al caporale. I braccianti sono spesso minacciati e subiscono in silenzio per paura di perdere il lavoro. Devono inoltre pagare una sorta di pizzo sugli alloggi dove vivono e perfino la spesa al supermercato è controllata dai caporali. Tutti effetti di un sistema che in Sicilia si è incancrenito e che ha portato al progressivo depauperamento di un settore che è ampiamente in ginocchio da tempo.
Al governo nazionale viene invece sollecitata “la modifica della legge sulle pensioni, il riconoscimento del lavoro agricolo come pesante e usurante e l’inclusione del lavoro agricolo nella settima salvaguardia pensionistica”. “Un lavoratore e una lavoratrice dell’agricoltura – dicono i segretari delle tre sigle sindacali siciliane – non possono lavorare a 67 e 65 anni dentro una serra con temperature che sfiorano i 50 gradi. All’assessore Cracolici – si legge sempre nella nota congiunta – i sindacati chiedono di potere discutere urgentemente, dopo la dichiarazione dello stato di crisi dell’agrumicoltura e dell’ortofrutta, dei provvedimenti in favore dei lavoratori.
All’assessore al Lavoro chiediamo un tavolo per discutere di mercato del lavoro, di nuovi ammortizzatori sociali e delle iniziative per contrastare il lavoro nero, lo sfruttamento e il caporalato”.
 

 
Tavolo tecnico con l’Inps contro l’illegalità
 
Con l’obiettivo di rendere più efficace la lotta contro l’illegalità nel sistema agroalimentare siciliano le sigle di Confcooperative, Legacoop e Agci hanno, già da diversi mesi, avviato un dialogo con la direzione regionale dell’Inps e l’area vigilanza in particolare. Un dialogo istituzionalizzato dalla costituzione di un tavolo tecnico partecipato da rappresentanti delle centrali cooperative e dell’Inps regionale. Nella prima riunione, tenutasi presso la direzione regionale dell’Inps, sono stati individuati i compiti del tavolo tecnico che, tra le altre competenze, si occuperà di pianificare e programmare momenti formativi e informativi, anche di tipo seminariale, su temi e problematiche connesse al protocollo, nonché di collaborare con i rami della pubblica amministrazione competenti a livello locale o nazionale.
“La direzione regionale Inps ha fortemente voluto la formalizzazione di questi impegni reciproci – ha detto il direttore regionale dell’istituto di previdenza, Maria Sciarrino – consapevole dell’importanza che assume anche e, direi, soprattutto nel contesto socio-economico della Sicilia ogni utile sinergia con gli enti e le loro associazioni. L’obiettivo di tutelare e sostenere quanti sono abituati ad operare nella legalità è per tutti noi un obiettivo primario e sempre necessario, che va perseguito ad ogni costo e nel modo più efficace e concreto”.

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