Riflettevo, dunque, sulla potenza della musica che si fa capire dagli ascoltatori di qualunque parte del mondo, come fosse una sorta di lingua unica.
Si tratta di un fenomeno meraviglioso e per me inspiegabile, quello di capire ciò che non so. Come mai le armonie, fondate solo su sette note, con toni e mezzi toni, sono inequivocabilmente comprensibili anche quando sembrano di difficile ascolto?
Vi sono centinaia di volumi che tentano di spiegare questo fenomeno, in parte riuscendovi e in parte no, perché esso rientra in quelle attività misteriose che la mente umana, per quanti sforzi faccia, non riesce a comprendere. E questo dà la minima dimensione delle persone che dovrebbero avere l’umiltà di esserne consapevoli.
Altro mistero che alberga nella mia povera mente è come mai il fenomeno inspiegato della musica, che si capisce senza conoscerla, non vale per le lingue. Eppure, esse sono formate da suoni, che si compongono sulle note. Perchè, nonostante entrambe siano basate sulle note, comprendiamo la musica senza conoscerla e non comprendiamo una lingua senza conoscerla? Non esistono spiegazioni in materia.
Sul finire dell’Ottocento (tra il 1882 e il 1887) fu tentata l’istituzione di una lingua universale: l’Esperanto. Ma l’esperimento non ebbe successo e fu accontonato. Probabilmente perché non c’è bisogno di un ulteriore lingua che sostituisca quelle esistenti, centinaia, nonché i dialetti (migliaia). C’è bisogno di un sistema universale di comunicazione verbale basato sui suoni comuni da cui scaturiscono le parole e le frasi.
Non sappiamo se tentativi di questo genere siano stati fatti. Sappiamo che, di fatto, l’inglese è diventata la lingua universale, il che comporta che il mondo anglosassone, per effetto di questo strumento in uso dovunque, abbia un oggettivo vantaggio sui Paesi di diversa estrazione linguistica.
Ciò perché nella scuola e nell’università nascono i germogli delle generazioni coltivate con i saperi e le tradizioni di un popolo. Saperi e tradizioni che comunicano con la lingua ed i suoni da essa espressi. In quel Paese la musica ha un grande rilievo e viene studiata a tutti i livelli dell’istruzione, comportando anche aspetti religiosi.
Nelle nostre scuole la musica non viene insegnata e questo è male perché ha in sè una componente importantissima: il ritmo, cioè l’organizzazione. Nessuna musica può suonarsi senza il metronomo e nessuna orchestra potrebbe suonare se non in sincronia di tutti i partecipanti.
Il compianto Arturo Toscanini sentiva anche la più piccola stonatura dei uno dei centoventi maestri che normalmente dirigeva.
Musica e lingua: la prima è capita da tutti, anche se non conosciuta, la seconda solo da chi la conosce. Appunto un mistero. Non ci risultano ricerche al riguardo.
Però sarebbe estremamente utile per l’umanità se venissero fuori studi che tentassero di equiparare la lingua alla musica. Sembra una questione di lana caprina, ma non lo è. Pensate a un cittadino del mondo anglossassone che non ha bisogno di studiare altre lingue perché con la propria può andare dovunque ed essere capito facendosi capire.
Gli altri popoli hanno comunque l’handicap di imparare la lingua universale, che è appunto l’inglese, anche se pian piano che l’economia cinese cresce, anche questa lingua comincia a diffondersi nel mondo. Così come si sono diffusi i circa trecento milioni di cinesi che silenziosamente occupano città e territori. A Prato, per esempio, metà delle attività economiche sono cinesi.
Imparare il ritmo della musica, lavorare a tempo, comprendere la necessità di operare in squadra, tutti con lo stesso ritmo, è un modo per migliorarsi e servire meglio la collettività. E onorare l’essere Persona umana.