Rapporto Istat "condanna" la Sicilia - QdS

Rapporto Istat “condanna” la Sicilia

Rosario Battiato

Rapporto Istat “condanna” la Sicilia

sabato 09 Aprile 2016

“Noi Italia 2016”: instabile il tessuto isolano, ancora alta la percentuale di mortalità e natalità delle aziende. Inferiore alla media nazionale il dato relativo alla copertura green dei consumi elettrici

PALERMO – C’è pochissimo da salvare nella Sicilia dell’ultimo report “Noi Italia 2016” diffuso dall’Istat nei giorni scorsi. L’Isola, infatti, permane stabilmente in quella parte di Italia che ancora subisce e risente dei colpi della crisi, restando stritolata tra una bassa densità di attività produttive e valori ancora minimi in termini di ricerca e sviluppo. Inferiore alla media nazionale anche la quota di consumi di energia elettrica coperta dalle rinnovabili, mentre non accennano a ridursi i problemi ambientali. 
L’Italia è il regno delle piccole imprese. Nel 2013 ci sono state circa 62 imprese ogni mille abitanti, un dato tra i più elevati del continente europeo che piazza il Paese al sesto posto per densità delle imprese. Non possiamo dire lo stesso della Sicilia che, invece, si posiziona all’ultimo posto nazionale (45,4 imprese ogni mille abitanti) con una dimensione media più contenuta che altrove (2,6 addetti per imprese) e superiore soltanto a Molise e Calabria. L’Isola dimostra, tuttavia, una certa vitalità del tessuto imprenditoriale registrando un tasso di mortalità (10%) che la piazza al quarto posto d’Italia e, in compenso, un tasso di natalità (8,8%) che la lancia sul podio nazionale.
Elevata la porzione di lavoro indipendente. “Rimane forte e in aumento – leggiamo sul sito – la vocazione imprenditoriale dei singoli: l’indicatore utilizzato per misurare questa realtà, vale a dire la quota di lavoro indipendente presente nelle imprese, supera il 30%”. In Sicilia questo dato è addirittura superato dalla presenza del 39,4% di lavoratori indipendenti sul totale dei lavoratori isolani.
Resta concentrata nel nord del Paese la parte più sostanziosa di spesa per ricerca e sviluppo con la Sicilia che, pur avendo ottenuto il miglior risultato tra il 2005 e il 2013 (0,89% del pil), risulta molto distante dalla media nazionale (1,31%) e dalle migliori realtà del Paese come il Piemonte (2,03). Restando nell’ambito dell’innovazione, non ci sono buoni risultati nemmeno sul fronte della percentuale di imprese che utilizzano la banda larga. Nel 2014 la Sicilia si è piazzata alla posizione numero 17 con una percentuale del 90,2% nei confronti di una media nazionale che la supera di circa quattro punti percentuali.
Nella settimana che precede il referendum è impossibile non trattare in dettaglio anche i dati energetici. “Il settore energetico – si legge nel report – ha un ruolo determinante nello sviluppo economico sostenibile di un paese, sia per quanto riguarda la disponibilità delle fonti, sia per l’impatto sull’ambiente”. In tal senso l’Italia si caratterizza per la “forte dipendenza dai mercati energetici esteri e per la consistente quota di energia elettrica prodotta da fonte termoelettrica”. A livello nazionale i consumi di energia elettrica coperti da fonti rinnovabili hanno raggiunto il 37,3%, ma la quota per regione è distribuita in maniera assai differente. Nel 2014 la Sicilia si piazza tra le ultime quattro posizioni d’Italia con un dato che sfiora di poco il 25%, mentre ci sono Regioni che addirittura producono in eccesso rispetto alla domanda interna (Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige e le province di Trento e Bolzano). Le prime della graduatoria, ad eccezioni delle già citate fuoriclasse, sono Molise, Calabria e Basilicata, tre regioni meridionali che nel settore stanno investendo parecchio.
 

 
Gli altri indicatori: il Mezzogiorno continua a soffrire
 
PALERMO – Nel 2014, il Pil procapite nel Mezzogiorno (16.761 euro) è stato circa la metà di quello del Nord (area est e ovest) fornendo un risultato medio nazionale di 25.256 euro, cioè la media più bassa dal 2004. Nel 2015, pur non essendoci ancora dati regionali, si è registrata una crescita dello 0,8%. Non migliorano i dati relativi ai giovani cosiddetti Neet, cioè che quella fascia di popolazione compresa tra 15 e 29 anni che non lavora e non studia. In Italia sono 2,3 milioni con dati record in Sicilia e Calabria dove il dato sfiora il 40%.
Cresce anche la quota di lavoro a termine con punte al sud: 18,4% contro la media nazionale del 14% e il dato del Centro Nord che si ferma a 12,5%. La quota è data dal rapporto percentuale tra i dipendenti a tempo e il totale dei dipendenti. Gli occupati sono 6 su 10 in Italia, anche se permante una forte differenza di genere a vantaggio degli uomini e di area geografica a discapito del Meridione. Restano più elevati al Sud, anche se in miglioramento, gli indicatori che riguardano la grave deprivazione materiale con circa 4 milioni di individui coinvolti e la povertà relativa che complessivamente resta comunque stabile.

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