Irap per professionisti senza autonoma organizzazione: restano ancora i dubbi - QdS

Irap per professionisti senza autonoma organizzazione: restano ancora i dubbi

Salvatore Forastieri

Irap per professionisti senza autonoma organizzazione: restano ancora i dubbi

mercoledì 20 Aprile 2016

Nemmeno le Sezioni Unite della Cassazione dipanano le nubi sull’applicazione dell’Imposta ai medici di base con un solo collaboratore. Moltissimi i contribuenti che lamentano il comportamento degli uffici dell’Agenzia Entrate che la esigono

PALERMO – Sembra impossibile. Eppure nemmeno le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono riuscite a risolvere definitivamente il dubbio riguardante l’applicazione dell’IRAP ai medici di base con un solo collaboratore.
Eppure, continuano ad essere numerosi i contribuenti che lamentano il comportamento degli Uffici dell’Agenzia delle entrate che pretendono l’IRAP o che si rifiutano di rimborsare la stessa imposta, pur in mancanza del requisito oggettivo previsto per l’applicazione del tributo, ossia perchè privi dell’ “autonoma organizzazione”.
Si tratta, principalmente, di professionisti che svolgono l’attività di “medici di base” convenzionati con Servizio Sanitario Nazionale e, quindi, sottoposti alle regole previste dalla convenzione con l’Azienda Sanitaria, ma in possesso di un solo dipendente, regolarmente assunto, con funzioni che, nella maggior parte dei casi, sono quelle ausiliarie e di segreteria.
Il problema è sorto, principalmente, a causa di una parte della giurisprudenza della Cassazione e delle circolari dell’Agenzia delle Entrate (in particolare la circolare n. 45 del 13/6/2008) che ritenevano impossibile escludere dall’IRAP i professionisti che “si avvalgono, in modo non occasionale, di lavoro altrui”.
L’evoluzione della giurisprudenza della Suprema Corte (vedasi sentenze nn. 22020 e 22022 del 25 settembre 2013) ed anche una successiva circolare dell’ Agenzia delle Entrate, la n. 28 del 28 maggio 2010, per la verità, avrebbero potuto già evitare la prosecuzione o l’insorgere di questo tipo di controversie. Ma, come spesso accade, uno strano senso del dovere rinvia spesso all’ultimo grado del giudizio la chiusura di problematiche che, come quella in argomento, si sarebbero potute, invece, evitare, facendo risparmiare ai contribuenti grossi sacrifici ed all’Erario un inutile “costo della giustizia”.
Si ricorda che, così come annunciato dalla pagine di questo Quotidiano (3 febbraio 2016), si pensava che una disposizione contenuta in uno dei 999 commi della Legge di Stabilità di quest’anno avesse messo la parola fine al problema. Ed invece quella norma riguardava altra questione, ossia l’esclusione dall’IRAP dei medici convenzionati con strutture ospedaliere, con un reddito costituito per oltre il 75% dai compensi ricevuti dalle dette strutture.
Una grande delusione per tutti coloro che pensavano che, finalmente, il legislatore avesse posto rimedio ad una questione che da moltissimi anni continua ad alimentare questo grosso filone di contenzioso.
Con ordinanze numero 5040 e 6363 del 2015, però, i Supremi giudici hanno affidato la questione al Primo Presidente della stessa Corte per devolverla alle Sezioni Unite ed ottenere, finalmente, un indirizzo giurisprudenziale univoco e, finalmente, l’acquiescenza dell’Agenzia delle entrate.
E le Sezioni Unite, con sentenza n.7291, depositata appena il 13 aprile scorso, hanno affrontato il problema fornendo diverse indicazioni sul concetto di “autonoma organizzazione” ai fini IRAP, compreso quello riguardante i medici di base con personale dipendente.
Hanno affermato, per esempio, che la detta organizzazione esiste sempre, ex lege, quando si tratta di attività esercitata da società, enti, società semplici ed associazioni, in quanto in questo caso si è in presenza di soggetti “strutturalmente organizzati”.
Hanno escluso, invece, il presupposto impositivo nel caso di attività di medicina di gruppo che si avvale di personale di collaborazione “in comune”, ossia con la partecipazione alle relative spese.
Per i medici di base, però, il dubbio resta ancora. Se da un lato, infatti, la Corte ha escluso l’applicazione dell’IRAP per i medici che si avvalgono, in comune, di personale di segreteria o infermieristico quando “la spesa per la collaborazione di terzi è risultata nella specie di modesta e contenuta entità e che essa non vale a caratterizzare un’autonoma organizzazione ma piuttosto è la risultante minima e indispensabile della necessità di assicurare un servizio di segreteria telefonica ed alcune prestazioni infermieristiche”, dall’altro, hanno affermato che il requisito dell’esistenza dell’autonoma organizzazione può ritenersi non esistente, “in assenza di personale dipendente”.
Un’affermazione, quest’ultima, che, data la sua genericità, potrebbe non essere ritenuta contrastante con l’esclusione (legata alla contenuta entità ed alla indispensabilità della collaborazione) affermata nell’altra parte della stessa sentenza, ma che potrebbe non far cambiare opinione agli uffici fiscali i quali attendevano, magari, una risposta ancora più precisa sull’argomento. Speriamo che così non sia.
Non dimentichiamo, peraltro, che poco più di due mesi fà la stessa Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, con sentenza n. 1471 del 27 gennaio 2016, aveva affermato il principio secondo il quale “ … la sola disponibilità di beni strumentali e attrezzature che rientrano nell’ambito del “minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività professionale, obbligatoria ai fini dell’instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sé, il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo”. …. “Per escludere l’assoggettamento all’IRAP è necessario dimostrare l’oggettiva inesistenza di un apparato esterno alla persona del professionista e da lui distinto, risultante dall’aggregazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui in misura eccedente il minimo indispensabile per lo svolgimento di un’attività senza le caratteristiche dell’autonoma organizzazione”.  
E’ chiaro che il contribuente resta perplesso davanti a comportamenti delle Istituzioni (Legislatore, Organi Giudiziari e Amministrazione finanziaria) di questo genere che, pur in presenza di questioni facilmente risolvibili, lasciano ampi margini di dubbio interpretativo i quali non solo favoriscono l’evasione, ma danno luogo pure al proliferare delle controversie dinanzi alle Commissioni tributarie ed anche dinanzi la Corte di Cassazione, sicuramente a scapito della certezza del diritto e della “tax compliance”, tanto necessaria ai fini della riduzione dell’evasione fiscale.

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