Rosario Crocetta sulla mozione di censura a Cracolici - QdS

Rosario Crocetta sulla mozione di censura a Cracolici

Raffaella Pessina

Rosario Crocetta sulla mozione di censura a Cracolici

giovedì 21 Aprile 2016

L’assessore si è difeso e ha annunciato ricorso alla sentenza della Corte dei Conti. Così il presidente della Regione, Rosario Crocetta

Una seduta d’Aula finalmente affollata quella di ieri pomeriggio all’Ars, dove si è discusso sulla mozione di censura nei confronti dell’assessore all’Agricoltura Antonello Cracolici che è stato condannato dalla Corte dei Conti per le spese pazze all’Ars nella sua funzione del capogruppo del Pd nella passata legislatura. “Questo è un processo politico a tutti gli effetti che l’Aula vuole fare oggi (ieri per chi legge) in modo del tutto arbitrario”.
 
Così il presidente della Regione Rosario Crocetta si è espresso a margine della seduta d’Aula all’Ars, commentando i contenuti della mozione di censura nei confronti dell’assessore Cracolici presentata dal parlamentare del Movimento Cinquestelle, Giorgio Ciaccio. “Ci sono una serie di reati che prevedono l’impossibilità di mantenere una carica pubblica, ci si rende conto che questa mozione è chiaramente illegittima perché non si è presentata, infatti, nei confronti di altri deputati condannati. Oggi – aggiunge – la si presenta nei confronti di un assessore che non ha commesso i fatti contestati nell’esercizio della sua carica di governo, ma in precedenza. Si tratta di un attacco politico, si va oltre le garanzie democratiche e la corretta applicazione delle leggi”.
 
In Aula è intervenuto Cracolici, difendendo se stesso e la propria categoria che, secondo Cracolici è stata travolta da una stagione “moralista e populista”, che ha dipinto la classe politica composta da persone che usano il denaro pubblico per vivere al di sopra delle proprie possibilità. Nel suo lungo discorso ha snocciolato tutte le cifre utilizzate nella passata legislatura dichiarando che si tratta di spese tutte legittime e che per se stesso non ha utilizzato mai un euro. Tra le spese affrontate vi sono i buoni pasto di 9 euro per i propri dipendenti, così come una corona di fiori per la morte di un ex dipendente, così come i biglietti di auguri del gruppo, e ovviamente firmati dal Presidente.
 
“Il problema – ha detto Cracolici – sta nelle regole che questo Parlamento si è sempre dato per l’utilizzo dei soldi dei gruppi. L’unica responsabilità che ho è di non essermi operato per aiutare l’Ars a porre regole più stringenti e proprio l’assenza di regole sulla rendicontazione delle spese dei gruppi ha creato questo gigantesco vulnus. Fino alla passata legislatura infatti l’Ars sembra abbia considerato i contributi ai gruppi quasi un contributo a fondo perduto. Infatti non esistevano norme che disciplinassero la restituzione di somme non spese e si è lasciato che i gruppi parlamentari divenissero responsabili dell’utilizzo di somme pubbliche. Solo in questa legislatura questo parlamento si è dotato di una disciplina contabile più certa e più definita”.
 
Cracolici ha comunque preannunciato ricorso a questa sentenza. Il primo ad intervenire è stato Marco Falcone , capogruppo di Forza Italia, che è intervenuto dichiarando di non aderire alla mozione di sfiducia, ma al contempo ha detto a Cracolici “che è entrato nel tritacarne del suo partito”.
 
Ha parlato poi Giuseppe Laccoto del Pd per difendersi da alcune spese che avrebbero riguardato il suo compleanno, e ha dichiarato che sicuramente si è trattato di un errore. è intervenuto anche Totò Cordaro di Grande Sud Pid, che ha mostrato solidarietà umana, ma ha anche voluto ricordare che spesso il Pd per semplici avvisi di garanzia, ha attaccato più volte i politici coinvolti.
 
Al contrario Cordaro ha detto di essere garantista e ha dichiarato che avrebbe votato contro la mozione e ha lasciato a Cracolici la decisione se rimanere o meno al suo posto. Mentre scriviamo il dibattito è ancora in corso. In apertura di seduta l’Ars aveva approvato la mozione presentata dal parlamentare dell’opposizione Toti Lombardo (Mpa) che impegna il governo a ritirare i termini dell’accordo con lo Stato sulla rinuncia ai contenziosi in atto in materia di entrate fiscali. L’atto di indirizzo è passato con 37 voti favorevoli, 31 contrari e un astenuto.

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