Per i lavoratori di Almaviva spiragli nella crisi - QdS

Per i lavoratori di Almaviva spiragli nella crisi

Michele Giuliano

Per i lavoratori di Almaviva spiragli nella crisi

giovedì 28 Aprile 2016

L'azienda fa un piccolo passo indietro e apre alla possibilità dei contratti di solidarietà per tutto il 2016. Previsti tagli massicci a Palermo (45%), meno invece nella sede di Catania (7%)

PALERMO – Soluzione tampone per tutto il 2016 con contratti di solidarietà, poi si dovranno rifare i conti e lì si “conteranno i morti e i feriti”. Questa al momento l’unica soluzione prospettata per i call center siciliani di Almaviva di Palermo e Catania.
In tutto 1.700 lavoratori in bilico che rientrerebbero per il rotto della cuffia ma dovendosi accollare dei tagli notevoli. Soprattutto Palermo dove l’azienda ha proposto per i lavoratori un contratto di solidarietà al 45 per cento, mentre a Catania si fermerebbe ad un più modesto 7 per cento.
 
Questo quanto emerso nel corso di un vertice che si è tenuto ieri a Roma nella sede di Unindustria dove sono in corso serrate trattative per evitare una marea di licenziati specie in Sicilia. Quantomeno è un primo passo verso una soluzione, dal momento che Almaviva era rimasta sino ad oggi ferma sulle sue posizioni, cioè convinta di dovere effettuare esuberi.
Secondo il “patto” l’azienda si è impegnata ad anticipare i pagamenti dei contratti di solidarietà a patto che l’Inps paghi con puntualità. In ballo poi ci sono tutta un’altra serie di questioni per lo sviluppo interno del lavoro del call center. Si parla ad esempio di “turni spezzati”: quindi per un lavoratore non più ore consecutive ma la possibilità di dovere tornare anche due volte lo stesso giorno sul posto di lavoro.
 
Su questo c’è soltanto un’intesa di massima perchè i sindacati si sono riservati di confrontarsi con i dipendenti stessi.
Le stesse organizzazioni di categoria presenti al tavolo romano hanno evidenziato che sul punto avrebbero chiesto il parere dei lavoratori e che quindi successivamente si sarebbero espressi in maniera definitiva. Ora ci saranno con i lavoratori dei call center di Palermo e Catania una serie di assemblee in cui si raccoglierà l’orientamento del dipendente: una sorta di referendum, e passerà chiaramente la linea della maggioranza.
Azienda e sindacati torneranno a incontrarsi di nuovo, per dare il via libera definitivo all’intesa, ed entro il 4 di maggio si dovrà ratificare l’eventuale accordo. Accordo che andrà comunque sottoposto alla valutazione e all’analisi del consiglio di amministrazione della società. Ma anche sulla sede per la sigla di questo accordo ci sono degli “scontri”: i sindacati spingono affinchè tutto si ratifichi al ministero per lo Sviluppo economico alla presenza del viceministro Teresa Bellanova. Un modo per impegnare il Governo a mantenere la parola data e portare a termine la riforme di settore annunciata durante il tavolo specifico al ministero. Altrimenti, al termine dei sei mesi di solidarietà, il rischio sarebbe di trovarsi al punto di partenza con l’azienda ancora più esposta finanziariamente e lo spettro licenziamento. “Adesso – ha detto il segretario provinciale Slc Cgil Maurizio Rosso – è il momento di capire se il governo manterrà la parola data perché in questo settore vanno riconosciute regole certe. E anche la Regione dovrà contribuire con un fondo per la formazione. Ci attendiamo un impegno serio altrimenti rischiamo di cristallizzare gli esuberi senza alcun certezza per il futuro dei lavoratori”.
 

 
Le proteste si susseguono a Palermo
 
In questi giorni, mentre vanno avanti le trattative romane, centinaia di lavoratori Almaviva hanno manifestato con un sit-in davanti ai cancelli dell’assessorato regionale Attività produttive, in di via degli Emiri a Palermo, per dare un segnale alla Regione e ribadire la richiesta di interventi strutturali anche da parte del governo regionale. Il presidio si è anche spostato in prefettura: “Col sit-in in prefettura – si legge in una nota della Slc Cgil – lanciamo un monito al governo nazionale perché si avviino in questi mesi, che dovrebbero essere gestiti con i contratti di solidarietà, le misure di cui si è discusso al Mise per mettere regole nel settore dei call center. Se dovesse venire meno un intervento deciso e risolutivo del governo nell’applicare le leggi esistenti (articolo 24 bis, clausole sociali e gare al massimo ribasso) rischiamo di ritrovarci a novembre con una situazione peggiore rispetto a quella attuale. Potrebbe aggravarsi lo stato di indebitamento dell’azienda e potrebbe precipitare tutto”.
L’impressione comunque è che la questione rimarrà certamente aperta anche se l’accordo dovesse essere firmato.

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