Seconde case, minaccia per il turismo - QdS

Seconde case, minaccia per il turismo

Oriana Sipala

Seconde case, minaccia per il turismo

sabato 30 Aprile 2016

Cassa depositi e prestiti sull’industria blu: aumenta l’offerta alberghiera ma i visitatori scelgono strutture ricettive alternative. In Sicilia l’indice di utilizzazione lorda delle camere d’hotel si ferma a un misero 26 per cento

CATANIA – Il turismo rappresenta una fetta importante della ricchezza nazionale, costituendo oltre il 10% del Pil del Paese, ovvero più di 160 miliardi di euro prodotti in un anno. Eppure, stiamo parlando di un settore che potrebbe dare molto di più, se solo venissero superate le tante criticità che lo caratterizzano.
Uno studio di settore della Cassa depositi e prestiti, “L’industria del turismo”, pubblicato lo scorso febbraio, ha infatti messo in evidenza quelli che sono gli ostacoli principali per un vero rilancio del turismo italiano, come la bassa digitalizzazione delle imprese del settore, la frammentarietà legislativa, le difficoltà logistiche spesso presenti su un territorio e molto altro.
Quello delle strutture ricettive, in particolare, è uno dei comparti dalle molte potenzialità inespresse. Sebbene l’offerta in tale settore sia aumentata in maniera significativa (+22% nell’ultimo decennio, con un conseguente aumento del 10% in termini di posti letto sia nelle strutture alberghiere che in quelle extralberghiere), la sua utilizzazione da parte dei turisti rimane molto bassa. Mediamente, infatti, nel 2014 il grado di utilizzazione lorda delle strutture ricettive è stato pari al 31,2%, con punte massime del 64% ad agosto e valori minimi, sotto il 20%, nei mesi invernali.
Se poi ci spostiamo in Sicilia i numeri scendono drasticamente. Nella nostra Isola, infatti, l’indice di utilizzazione lorda degli esercizi alberghieri si ferma al 26%, contro tassi ben più alti nelle regioni del Centro-Nord. La percentuale più alta si riscontra nel Lazio (42,5%), seguito da regioni come la Liguria, la Lombardia, il Trentino Alto Adige e il Veneto, dove si oscilla tra il 38% e il 40%. In generale, proprio le regioni del Mezzogiorno risultano le più penalizzate, con tassi che non superano il 23%. Tutto ciò, chiaramente, si riflette sull’impiego alquanto inadeguato delle risorse umane nel settore.
Sempre nel Mezzogiorno, poi, è diffuso il fenomeno delle seconde case, che vengono affittate in forma privata. Molti turisti, infatti, trascorrono qui le loro vacanze estive, e l’opportunità di affittare, spesso in nero, un immobile di questo tipo, è quasi sempre segnalata con il passaparola. Per questo motivo diventa molto difficile stimare la reale portata dei flussi turistici nel Mezzogiorno, almeno per quanto concerne il settore extralberghiero. Si può comunque dire che nelle regioni meridionali questo movimento sembra corrispondere a circa quattro volte quello rilevato ufficialmente. Laddove si riuscisse a quantificare tale aspetto, il Mezzogiorno diverrebbe nei fatti la prima destinazione turistica del Paese in termini di pernottamenti.
La mancata regolarizzazione del fenomeno, che costituisce a tutti gli effetti un’offerta altrenativa alle tradizionali forme ricettive, porta con sè alcuni svantaggi: innanzitutto, i proventi derivanti dagli affitti di queste seconde case sono spesso oggetto di sommerso. In secondo luogo, riuscire a rilevare quanti di questi immobili vengono effettivamente affittati a fini turistici, permetterebbe di stimare i benefìci generati in termini di valore aggiunto e occupazione, ma anche di valutare le ricadute negative di un eventuale sovraccarico di turisti nelle aree interessate, a danno dei turisti stessi, dei residenti e del territorio.
Insomma, quantificare il fenomeno, significherebbe avere contezza dell’attrattività di un territorio, su cui magari si potrebbe investire con interventi mirati, che guardino con attenzione alle esigenze della domanda.
 


Scarso utilizzo del web per le imprese turistiche
 
Uno dei motivi per cui il turismo italiano stenta a decollare è lo scarso utilizzo degli strumenti del web. Secondo lo studio della Cassa depositi e prestiti, le imprese turistiche italiane presenti sul web ammontano nel 2013 all’88,5%, ma solo il 68,3% di queste permette di effettuare prenotazioni online, e ancor meno sono quelle che hanno una presenza anche sui social network (52,4%).
Questi numeri sono in continua crescita, eppure ci sarebbe ancora molto su cui lavorare. Internet viene infatti da molti percepito come un semplice strumento per aumentare la notorietà, tralasciando altre componenti importanti per il profitto dell’azienda, dalla possibilità di interazione con i clienti, a quella di effettuare la prenotazione delle camere online.
Anche il grande patrimonio immobiliare delle seconde case potrebbe trovare un suo spazio nel mercato del turismo proprio grazie al web. Negli ultimi anni, per esempio, sono cresciute in maniera significativa nuove forme di ospitalità, sviluppatesi nel contesto della sharing economy (si pensi ad esempio ad Airbnb). Questo fenomeno, se sfruttato anche nelle realtà balneari del Mezzogiorno, potrebbe contribuire alla riorganizzazione del mercato delle case per vacanze e all’emersione del fenomeno, rendendo le strutture molto più tracciabili che in passato e permettendo un autentico rilancio in chiave turistica del territorio.

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