Il Papa ai vescovi Cei: "No ad inutili proprietà" - QdS

Il Papa ai vescovi Cei: “No ad inutili proprietà”

redazione

Il Papa ai vescovi Cei: “No ad inutili proprietà”

martedì 17 Maggio 2016

“Il sacerdote deve abbandonare ogni ambizione di carriera e potere”

ROMA – È ormai consuetudine, con Jorge Mario Bergoglio Papa, che non sia il cardinale presidente, Angelo Bagnasco, a tenere la prolusione di apertura per il “parlamento” dei vescovi italiani (che interverrà invece martedì), ma il Papa in persona, in qualità di primate d’Italia.
Ancora una volta, il Pontefice non ha mancato di utilizzare queste occasioni per pungolare l’episcopato italiano sulle questioni che vede come prioritarie per la Chiesa italiana: “Nella vostra riflessione sul rinnovamento del clero rientra anche il capitolo che riguarda la gestione delle strutture e dei beni: in una visione evangelica, evitate di appesantirvi in una pastorale di conservazione, che ostacola l’apertura alla perenne novità dello Spirito. Mantenete soltanto ciò che può servire per l’esperienza di fede e di carità del popolo di Dio”. “Colui che vive per il Vangelo, entra così in una condivisione virtuosa: il pastore è convertito e confermato dalla fede semplice del popolo santo di Dio, con il quale opera e nel cui cuore vive”.
“Questa appartenenza è il sale della vita del presbitero; fa sì che il suo tratto distintivo sia la comunione, vissuta con i laici in rapporti che sanno valorizzare la partecipazione di ciascuno. In questo tempo povero di amicizia sociale, il nostro primo compito è quello di costruire comunità; l’attitudine alla relazione è, quindi, un criterio decisivo di discernimento vocazionale”.
“Allo stesso modo – ha detto ancora il Papa – per un sacerdote è vitale ritrovarsi nel cenacolo del presbiterio. Questa esperienza – quando non è vissuta in maniera occasionale, né in forza di una collaborazione strumentale – libera dai narcisismi e dalle gelosie clericali; fa crescere la stima, il sostegno e la benevolenza reciproca; favorisce una comunione non solo sacramentale o giuridica, ma fraterna e concreta. Nel camminare insieme di presbiteri, diversi per età e sensibilità, si spande un profumo di profezia che stupisce e affascina. La comunione è davvero uno dei nomi della Misericordia”.
Jorge Mario Bergoglio ha svolto il suo discorso immaginandosi in osservazione di “uno dei tanti parroci che si spendono nelle nostre comunità”. “Il contesto culturale è molto diverso da quello in cui ha mosso i primi passi nel ministero. Anche in Italia tante tradizioni, abitudini e visioni della vita sono state intaccate da un profondo cambiamento d’epoca. Noi, che spesso ci ritroviamo a deplorare questo tempo con tono amaro e accusatorio, dobbiamo avvertirne anche la durezza: nel nostro ministero, quante persone incontriamo che sono nell’affanno per la mancanza di riferimenti a cui guardare! Quante relazioni ferite! In un mondo in cui ciascuno si pensa come la misura di tutto, non c`è più posto per il fratello”.
“Questa sera non voglio offrirvi una riflessione sistematica sulla figura del sacerdote – ha concluso – Proviamo, piuttosto, a capovolgere la prospettiva e a metterci in ascolto. La vita del nostro presbitero diventa eloquente, perché diversa, alternativa. Come Mosè, egli è uno che si è avvicinato al fuoco e ha lasciato che le fiamme bruciassero le sue ambizioni di carriera e potere. Ha fatto un rogo anche della tentazione di interpretarsi come un ‘devoto’, che si rifugia in un intimismo religioso che di spirituale ha ben poco”.

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