Naufragio del 18 aprile 2015, chiesti 24 anni per gli scafisti - QdS

Naufragio del 18 aprile 2015, chiesti 24 anni per gli scafisti

redazione

Naufragio del 18 aprile 2015, chiesti 24 anni per gli scafisti

mercoledì 18 Maggio 2016

Un viaggio della speranza costato la vita a oltre settecento migranti

CATANIA – Diciotto anni di reclusione per il capitano e 6 anni per il suo mozzo. Sono le richieste di condanna della Procura di Catania per i due presunti scafisti del naufragio del 18 aprile 2015 al largo della Libia, in cui morirono oltre 700 migranti (soltanto 28 le persone sopravvissute). Tra chi è scampato alla strage, anche due minorenni, che si sono costituti parte civile nel processo che si celebra, col rito abbreviato, davanti al Gup Daniela Monaco Crea.
Imputati sono il tunisino Mohamed Alì Malek di 27 anni e il suo mozzo siriano Mahmud Bikhit, di 25, che si proclamano innocenti sostenendo di essere stati soltanto dei passeggeri. Sono entrambi accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma al capitano sono contestati anche l’omicidio colposo plurimo e il naufragio. Sono un centinaio i corpi recuperati dalla marina militare dal relitto del peschereccio che si cerca di portare in superficie dal fondale al largo delle coste libiche.
L’udienza si è conclusa con l’intervento della parte civile, l’avvocato Giorgio Forestieri, che assiste un migrante all’epoca dei fatti minorenni. L’accusa, rappresentata in aula dai Pm Rocco Liguori e Andrea Bonomo, ha anche chiesto la condanna del comandante a un risarcimento di oltre tre milioni di euro.
Il processo è stato aggiornato al prossimo 19 luglio: l’udienza sarà interamente riservata all’intervento del difensore di Bikhit, l’avvocato Giuseppe Ivo Russo. La successiva, già fissata per il 4 ottobre, sarà riservata all’arringa dell’avvocato Massimo Ferrante, che rappresenta Malek. I due penalisti, come già accennato, rappresenteranno la tesi da sempre sostenuta dai due imputati: di essere cioè dei passeggeri. In più, Bikhit ha accusato anche lui Malek di essere il comandante. Quest’ultimo sostiene di avere visto i componenti dell’equipaggio, ma di non averli individuati tra i sopravvissuti.
Secondo la Procura di Catania il naufragio “fu determinato da una serie di concause, tra cui il sovraffollamento dell’imbarcazione e le errate manovre compiute dal comandante Malek, che portarono il peschereccio a collidere col mercantile King Jacob”, intervenuto per soccorre i migranti.

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