No ai contributi sì al credito d’imposta - QdS

No ai contributi sì al credito d’imposta

Carlo Alberto Tregua

No ai contributi sì al credito d’imposta

giovedì 19 Maggio 2016

Eliminare abusi e corruzione

La Commissione europea ha concesso al Governo italiano la flessibilità sul debito. Ciò significa che lo stesso Governo si potrà indebitare di altri 13/14 miliardi nel corso dell’anno, con il conseguente aumento del debito sovrano.
Si tratterà di vedere se le cambiali firmate per recuperare risorse finanziarie saranno destinate a investimenti o a copertura di spesa corrente, ovvero a diminuzione di imposte e costi previdenziali, questi ultimi per ridurre il cosiddetto cuneo fiscale.
Ma pur sempre di indebitamento si tratta, cioè di denaro che lo Stato italiano dovrà restituire ai possessori delle cambiali che ha firmato, cioè a dire i bond. L’ammontare di tale debito, alla data del marzo 2016, ammonta a 2.228,7 miliardi, cioè si avvicina al 133% del Pil.
La Commissione europea ha dato il benestare allo sforamento del disavanzo consentito, memore di quello che era accaduto una decina di anni fa nei confronti di Francia e Germania, che hanno sforato il parametro di Maastricht del 3% (disavanzo), però utilizzato bene per fare crescere l’economia.

Come sempre, tutto gira attorno alla capacità di dare più soldi ai consumatori mediante una riduzione delle tasse nazionali e locali, più soldi ai lavoratori mediante una riduzione dei costi previdenziali, più finanziamenti alle imprese per insediare stabilimenti industriali e attivare servizi, più soldi al settore delle opere pubbliche per costruirne e ripararne migliaia. Insomma, adoperare il nuovo debito per fare accelerare la ruota economica.
Va da sé che oltre alle nuove risorse finanziarie, reperite con la flessibilità approvata da Bruxelles, il Governo dovrebbe recuperarne altre dalla revisione della spesa corrente, quella che nasconde corruzione, sprechi e sperperi di ogni genere, dovuti anche alla disorganizzazione e all’inefficienza della burocrazia.
Facile a dirsi, difficile a farsi, perché tutti i privilegiati che succhiano il sangue del pubblico danaro come parassiti fanno una feroce resistenza per rinunciare ai propri privilegi.
Privilegi dei pensionati d’oro, che ricevono un assegno doppio rispetto ai contributi versati, privilegi dei dirigenti pubblici, che percepiscono stipendi da favola e premi non guadagnati.
 

Scandaloso, poi, è il comportamento delle due Camere, che proprio in questi giorni stanno approvando un aumento delle retribuzioni di dirigenti e dipendenti, aumento di paghe a chi già percepisce stipendi elevatissimi. I due rami del Parlamento continuano nella loro dissennata strada, che è contraria all’interesse generale, che le obbligherebbe a tagliare le spese anziché aumentarle.
Privilegi per i sindacati. Ricchissimi. Pare possiedano oltre 5 mila immobili e che paghino ai loro dirigenti stipendi da favola. Privilegi alle imprese, che ricevono contributi di vario genere, non sempre utili al loro sviluppo.
La funzione del contributo pubblico è quella di pubblica utilità. Per esempio, nel campo dell’informazione, per sostenere gli editori minori (che garantiscono il pluralismo), schiacciati dai due o tre gruppi editoriali utilizzati dalle società che li controllano, per fini diversi da quelli dell’informazione.

Non utili, addirittura dannosi, sono quei contributi che vengono dati a imprese ormai decotte, che non si sono innovate, che non hanno capito l’evoluzione del mercato, quindi destinate a perire in ogni caso.
Per distinguere le imprese che hanno un futuro da quelle che non ne hanno, in modo da destinare i sostegni per la crescita e non per la decrescita, basterebbe convertire i contributi in credito d’imposta, cosicché il sostegno sarebbe automatico e tempestivo nell’alleggerire economicamente e finanziariamente il conto economico delle imprese, che potrebbero utilizzare il credito d’imposta senza aspettare il contributo.
Ovviamente, questo meccanismo presuppone un funzionamento efficiente della macchina pubblica, che dovrebbe smetterla di mettere il bastone fra le ruote a chi, con grande sacrificio, cerca di stare sul mercato e di far crescere la propria presenza.
L’utilizzo del credito d’imposta, anziché la corresponsione del contributo, consentirebbe anche di evitare la corruzione, la mazzetta, i ritardi e  ogni altra forma di inefficienza.
Come vedete, la soluzione c’è, occorre attuarla. Ora!

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